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146 il processo di pellegrino rossi

Ad ogni modo ciò che seguisse è noto.

A quei giovani, a cui la esaltazione politica era accresciuta, in quel momento, da quella delle reiterate libazioni, Pietro Sterbini, che per coloro, era una specie di oracolo, rivolse acerbi rimproveri di cui egli, col suo pronto ed acuto ingegno, aveva precedentemente meditata la efficacia e calcolati gli effetti.

A quei rimproveri insorse l’animo bollente di Luigi Brunetti, che del padre aveva gli istinti generosi, il temperamento impetuoso, la limitata intelligenza e, disgraziatamente, anche la ignoranza, in lui non attenuata neppure da quel certo tatto, da quella certa esperienza e, per conseguenza, da quel certo buon senso che i cinquantanni di vita abbastanza burrascosa vissuta avevano dato a suo padre Angelo.

Non è detto nè dal Tittoni, nè dal Mucchielli che insorgessero anche gli altri: ma, in quell’ora e in quel luogo, è assai verosimile che anche gli altri protestassero e insorgessero: ad ogni modo, con maggiore energia e ardimento degli altri, si ribellò Luigi Brunetti, il quale — senza accorgersene, senza saperlo — si sentiva degli altri più forte, perchè sentiva stese su di sè le ali poderose del padre, che

    ma, dopo qualche mese di carcere, fu prosciolto per non sufficientemente provata reità.

       Nel frattempo prese moglie e nel 1848-49, avendo egli trentotto anni e sempre conservandosi fortissimo e battagliero, tanto che era soprannominato da molti il Terribile, fu fra i più caldi liberali e combattè — benchè non si sia potuto accertare in quale milizia — in difesa delle mura di Roma, avendo a fianco il sedicenne figlio Achille, che rimase ucciso.

       Dopo caduta la repubblica, riparò prima in Inghilterra e poi in America, ove militò nell’esercito di una delle repubbliche meridionali, in cui si sarebbe segnalato per valore e avrebbe, dopo qualche anno, conseguito grado di Capitano.

       Dopo il 1860 egli tornò in Italia con un gruzzolo di trenta o quaranta mila lire e, per avvicinarsi alla desideratissima Roma, si andò a stabilire in Sabina, ove, tratto in inganno da un truffatore, impiegò in fallaci speculazioni e perdè il suo piccolo capitale.

       Dopo la liberazione di Roma si ritirò a Cineto, ove morì, povero e dimenticato, nel 1880, come risulta dalla fede di decesso da me veduta.

       Debbo la maggior parte di queste notizie alla cortesia dell’egregio Dott. Cav. Carlo Todini, nipote di Alessandro, medico esercente e stimatissimo in Roma e Sindaco di Cineto Romano, a cui rendo qui pubbliche grazie.