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128 il processo di pellegrino rossi

leggende le più strane, le più contraddicentisi e le più fantastiche. Su quel delitto, che i varii partiti politici vicendevolmente si imputarono l’un l’altro, nessuno di quei partiti ebbe interesse di fare la luce e di cercare la verità, appunto per poter continuare ciascuno ad accusarne promotore ed autore o l’uno o l’altro partito avversario.

Io ho, se non esaurientemente, certo più che sufficientemente, parlato nel capitolo VI del primo volume di quest’opera1 dei varii ed opposti giudizi che gli uomini più autorevoli dei rivolgimenti politici del triennio 1846-1849 portarono sulla uccisione del Rossi, sui supposti autori di essa e sulle conseguenze di quel fatto ed ho anche accennato alle opinioni, ai giudizi, alle insinuazioni e alle leggende messe fuori da moltissimi storici o contemporanei, o posteriori.

Di quei settantasette scrittori da me consultati e citati quarantanove erano italiani, ventuno francesi, due svizzeri, due tedeschi, uno austriaco, uno inglese, uno spagnolo; e quanto al colore politico dodici di essi erano prettamente reazionarii, quindici repubblicani, trentaquattro costituzionali, sedici, senza deciso carattere di partito, erano di tendenze varie, ma temperati e sufficientemente spassionati scrittori.

Ora otto di quegli scrittori repubblicani imputarono la uccisione del Conte Rossi al partito sanfedista, quattro non negarono, che la uccisione potesse essere stata meditata ed eseguita individualmente da qualche esaltato giovine repubblicano e, biasimando il fatto, cercarono qualche attenuante per l’autore di esso; tre, fra cui il Cattaneo —- robusto ingegno, grande patriota, alto pensatore, valoroso scienziato, ma appassionato sempre in politica e parziale ed ingiusto, questa è la verità — attribuiscono la uccisione del Rossi al partito piemontese o albertista. I dodici scrittori clericali attribuirono l’eccidio del palazzo della Cancelleria alle Sètte, alla demagogia e la maggior parte di essi — segnalatissimi il D’Ariincourt, il D’Amelio, il Bresciani, il Belleydier, il De Breval e il D’Ideville — si industriarono a esagerare, ad ampliare, a colorire, con spudorate e spesso puerili men-

  1. Vedi volume I cap. VI di quest’opera da pag. 295 a pag. 328.