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capitolo secondo 77

mente in questi ultimi sessant’anni — e, anche oggi, dopo tanti progressi fatti dalla scienza, quel libro non solo può utilmente, ma deve essere onninamente letto e meditato da chi seriamente voglia dedicarsi alle discipline economiche.

Però, come fu detto da alcuni biografi di Pellegrino Rossi e come candidamente è confessato dallo stesso Guizot, questa cattedra di economia politica al Collegio di Francia «non era sufficiente a risarcire il Rossi della situazione che esso aveva abbandonato in Svizzera e a indurlo a fissarsi definitivamente in Francia. Quando si vuole acquistare un uomo raro e i suoi servigi, è, al tempo stesso, giustizia e buona politica l’assicurargli quelle condizioni esteriori della vita che danno la libertà e la tranquillità di spirito nel lavoro»1. Quindi il Guizot, fin da quando aveva, nominato il Rossi professore di economia politica al Collegio di Francia, gli aveva fatto intravvedere la possibilità di creare per lui una nuova cattedra nella Scuola di diritto, affidandogli l’insegnamento del diritto costituzionale. E, di fatti, il 22 agosto 1834 il Guizot presentava al re Luigi Filippo, facendolo precedere da una chiara e breve relazione, il decreto che istituiva la cattedra di diritto costituzionale, con corso obbligatorio per gli studenti aspiranti alla licenza nella Scuola di diritto di Parigi. E nel successivo giorno 23 agosto, dopo che il re de’ Francesi ebbe firmato il decreto con cui si istituiva tale cattedra, firmava quello che nominava a professore di diritto costituzionale Pellegrino Rossi.

Allora avvenne ciò che lo Cherbuliez melanconicamente pensava, nel momento che Pellegrino Rossi abbandonava Ginevra. «L’obbligo di carezzare continuamente e di adulare frequentemente cotesto amor proprio nazionale, che talvolta tien luogo di patriottismo ne’ Francesi, non era uno dei minori imbarazzi che la nuova posizione del Rossi imponesse alle sue attitudini di oratore. Sposando la Francia, egli aveva sposato tutte le illusioni millantatrici, tutte le pretensioni vanitose di questo paese, che si immagina sempre di camminare alla testa della civiltà, esso che, nondimeno, non ha preso l’iniziativa di alcuna idea grande e benefica dei tempi moderni, esso che non

  1. F. Guizot, Mémoires, ecc., tomo III, pag. 122 e seg.