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mico; analizzatore profondo e metodico, egli estrae dai più piccoli particolari splendide verità; onde, sotto la sua penna, la scienza economica s’aggrandisce e domina la società»nota.

Léon Say stima che Pellegrino Rossi fosse «piuttosto quello che si chiama il condottierenota dell’economia politica». Egli ha combattuto per quelle che credeva le buone cause, senza preoccuparsi di mettere d’accordo le varie sue preferenze. Due cose lo caratterizzano: lo spirito critico e lo spirito di combattimento. Gli si è rimproverato di non avere il genio della scoperta: egli aveva troppa ambizione per coltivare la scienza con quella tenacità che conduce ai grandi lavori: egli non era tenace che nell’azione; e così è che, in tutta la sua vita, non ostante il suo scetticismo, egli ha sostenuto e propagato la libertà degli scambi»nota.

In sostanza e per raccogliere tutti i giudizi in uno, il Corso d’economia politica di Pellegrino Rossi ebbe una importanza grandissima nel tempo e nell’ambiente in cui fu pubblicato e per molti anni fu adottato come libro di testo in molte scuole d’Europa. Quel libro non fece progredire con la scoperta di qualche importante dottrina nuova la scienza economica nel campo segnatole dai maestri che il Rossi avevano preceduto, ma quel libro rese più chiare, più precise, più popolari le dottrine scientifiche fino a quel punto fissate, per l’impronta limpida, eloquente, attraentissima con cui l’illustre autore seppe magistralmente esporle. Quel libro fu una delle colonne miliarie sul cammino percorso dalla scienza economica — e così rapida- 1 2 3

  1. J. De Croze, art. cit.
  2. Curiosissima questa idea del condottiero applicata al Rossi non solo dal Say, ma anche dal De La Forge e dal Mazade. Il primo nel volume Des vicissitudes, etc. più volte citato - avversissimo al Rossi come egli è, perchè lo disistima - scriveva: «Egli trattava la diplomazia come i condottieri facevano la guerra, cangiando, come essi, di padrone così soventi come la fortuna cambiava di favorito: specie di bravi politici come ve ne abbisogna talvolta, ma dai quali è duopo guardarsi». Il secondo, nell’articolo della Revue des Deux Mondes pure citato più volte, in principio scriveva: «.... Pellegrino Rossi.... il più francese degl’italiani e il più italiano dei Francesi, curioso tipo di bandito superiore ......». Le quali frasi che si offrivano, forse, spontanee al pensiero di quegli scrittori come viva rappresentazione della vita randagia dell’illustre profugo, possono essere dallo storico imparziale accettate, quando ad esse non si annetta un significato malevolo, come pare ve lo annetta il De La Forge.
  3. Léon Say, Nouveau Dictionnaire, già citato, loco citato