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Questa gloria era riservata ad Adamo Smith, il quale quegli elementi vide tutti e raccolse e coordinò e, con indagini profonde e con meravigliose intuizioni, trovò le leggi che governavano i vari fatti economici, scopri le relazioni che esistevano fra di loro e, con nesso logico, le armonizzò in un tutto organico che fu la scienza economica. Egli comprese, rialzò, santificò il lavoro; gli attribuì il suo giusto valore nella produzione della ricchezza; studiò le sue suddivisioni; propugnò la sua libertà emulatrice; conobbe le differenze fra il capitale fisso ed il circolante; vide e studiò tutti i fenomeni della produzione e della libera concorrenza nei commerci, e rivendicò la potenza e la dignità dell’individualità umana. Egli fu il rivelatore e l’istitutore dell’economia politica ad altezza vera di scienza.

E, allora, nel campo di questa scienza, erano apparsi Coblet, Ricardo, Mac Culloch, James Mill, Torrens, Sismondi, Say, tutti lavorando sui fondamenti posti dallo Smith, cercando di correggerne qualche dottrina che loro pareva esagerata, procurando di trarre dai principii ammessi da lui nuove deduzioni, dando sviluppo maggiore ad alcune sue teorie.

Ma, accanto a questi sorgeva terribile, con le sue inesorabili prove statistiche, a turbare quella specie di ottimismo, in cui si cullavano quasi tutti quegli economisti, Roberto Malthus1 a dimostrare che l’aumento delle ricchezze non è e non può essere in proporzione dell’aumento della popolazione e spaventava l’umanità con il lercio e squallido spettro della fame, intanto che numerosi sbucavau fuori gli esageratori, i sottilizzatori, gli utopisti, i quali, uscendo dal campo veramente scientifico, veramente pratico in cui la scienza economica aveva sapientemente circoscritto lo Smith, si diedero a spaziare nell’infinito azzurro delle astrazioni speculative e, disdegnando il bene, per inseguire il fantasma dell’ottimo, pretesero, col mezzo della scienza economica, che aveva insegnato ormai la genesi e le evoluzioni storiche e razionali di tutti i fatti relativi alla

  1. L’illustre Gerolamo Boccardo nota che l’Ortes e il Ricci avevano, in embrione, accennate alcune delle quistioni, risolte poi scientificamente dal Malthus, come i precoci e spensierati matrimonii, la beneficenza legale, la tassa dei poveri, fomiti d’ozio e di pauperismo. G. Boccardo nel citato Dizionario di economia politica e del commercio, Prefazione, pag. xvi.