Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/323


capitolo sesto 315

grino Rossi, discepolo del Guizot, utilitario e materialista», dopo avere aspramente biasimato la politica, gli atteggiamenti e le provvisioni di lui e dopo aver lodato anche il pugnalatore «quando gli sgherri che si chiamavano giudici mandavano nelle Romagne i migliori giovani al patibolo, allora bisognava gridare all’assassinio! quando la tirannide dei Papi affogava nel sangue ogni idea di patria ed era legge il sospetto, giudice la spia, allora bisognava gridare all’assassinio! Ma gli uccisori di Cesare furono deificati; e la morte dell’eroe, caduto ai piedi della statua di Pompeo, non fu mai detta un assassinio. Forse Rossi era più grande o men reo di Cesare?1»

Giuseppe Garibaldi, il quale spesso nelle sue Memorie, narrando i casi della straordinaria sua vita, scrive poche linee con lo stesso impeto col quale tante volte condusse le sue giovani schiere all’attacco alla baionetta, favellando intorno agli avvenimenti di quei giorni, dopo discorso delle persecuzioni a cui il Generale Zucchi assoggettava in quel momento lui e i suoi centocinquanta seguaci, dice:

«E qui, per dovere di storico, mi tocca accennare ad uno di quegli uomini cui l’Italia della monarchia e dei preti innalza monumenti. Erano le cose nello stato suddescritto, quando una daga romana cambiava il nostro destino; da proscritti ci faceva acquistare il diritto di cittadinanza e ci apriva un asilo sul continente».

E, detto, poscia, che egli, discepolo di Beccaria, è nemico della pena di morte e biasimata quindi la daga di Bruto, e osservato che «gli Armodii, i Pelopidi ed i Bruti che liberarono la loro patria da’ tiranni, non sono poi mostrati dalla storia antica con i colori sì sudici» che sono in uso oggi, il Generale prosegue:

«La vecchia metropoli del mondo, degna in quel giorno della gloria antica, si liberava di un satellite della tirannide, il più terribile, e bagnava del suo sangue i marmorei gradini del Campidoglio. Un giovane romano aveva ritrovato il ferro di Marco Bruto!


  1. B. Miraglia da Strongoli, Storia della rivoluzione romana, Torino, Sebastiano Franco e figlio, ISòO, parte II, cap. I.