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il complicare nella responsabilità e nella condannazione di quel fatto individuale il popolo inglese e i sentimenti, i diritti e i doveri che lo spingevano nelle vie di emancipazione spirituale e temporale che lo hanno condotto a rappresentare una si gran parte del lavoro della civiltà europea? Anche a quel delitto furono cercati complici ne’ partiti che agitavano a que’ dì l’opinione pubblica dell’Inghilterra. Felton, a chi gli domandò i nomi degli istigatori e de’ complici suoi, rispose, scotendo il capo, non averne avuti altri che la sua coscienza. Se l’assassino del Rossi fosse stato tratto in giudizio e avesse avuto animo e coraggio simili a quelli dell’uccisore del Duca di Buckingham, non credo ch’egli avrebbe potuto dare diversa risposta»1.

E, se le furiose passioni di parte non avessero tratto tutti i feroci ultramontani di Europa e tutti gli scrittori più arrabbiati della sètta loiolesca a mentire, sapendo pure che quelle che essi spacciavano per verità, erano menzogne, non si sarebbe, per un quarantennio, continuato ad attribuire a coloro che ressero tre mesi dopo la repubblica romana la colpa e la responsabilità dell’uccisione di Pellegrino Rossi, quando già, fin dal 1849, Ferdinando De Lesseps che non era italiano, che non era carbonaro, che non era mazziniano, in omaggio alla verità storica, aveva stampato: «nè è cosa più esatta il dire che la repubblica romana è solidale dell’assassinio del signor Rossi, di quello che sarebbe rendere la nostra repubblica del 1848 responsabile dei delitti del ’93. La repubblica romana, che, d’altronde, io non sono stato incaricato di riconoscere, è succeduta, per suffragio universale, al governo che era stato l’erede diretto dell’omicidio del signor Rossi, ed essa fu proclamata da un’assemblea che aveva il mandato di scegliere la forma di governo che le converrebbe. Questo è un fatto: io non debbo qui discuterne le conseguenze»2.

Qual meraviglia, quindi, se un ardente patriotta, un caldo repubblicano, ma uomo probo, era spinto dalla passione a declamare, nel 1850, dopo aver lodato «l’altissimo ingegno di Pelle-

  1. A. Saffi, Storia cit., cap. XIII, pag. 416 e 117.
  2. F. De Lesseps, Ma mission à Rome - mai 1849 - Mémoire presenté au Conseil d’état, Paris, Giraud, rue de la Paix, 1849, pag. 117.