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parte ostile all’estinto, riprovò la feroce violenza che lo tolse così brutalmente di mezzo.

Ma i maggiori scrittori italiani, allora e poi, giustamente si indignarono, siccome il Pallavicino, che gli oltraggiatori stranieri di questa povera Italia volessero far ricadere la colpevolezza di quello sciagurato episodio sopra l’intera nazione.

«Brutto fatto» — scrive uno storico eminente, molto meno rammentato e lodato di quel che meriterebbe, Giuseppe La Farina — «dalla universalità dei cittadini riprovato e condannato, che, di poi, i nemici di libertà, con insigne malizia, ingrandirono, esagerarono e misero a carico di Roma, anzi di tutta Italia. Ho detto che l’ucciditore del Rossi rimase allora ignoto, nè per ricerche e inquisizioni che si sien fatte è stato scoperto di poi; il che basta a provare come e’ fosse dalla pubblica opinione condannato; imperocchè non tace, nè si nasconde, ma si mostra e si vanta chi fa opera, onde possa a lui venir premio e lode»1.

E per quelle accuse esagerate e rivolte a tutta la nazione italiana infuriava il rottissimo spirito di Gabrio Casati il quale scrivendo a quell’illustre italiano che fu Antonio Panizzi, esclamava: «... e perchè si griderà tanto contro tutta una nazione per la morte di Rossi, che si può attribuire ad un fanatico partito poco numeroso, e non ugualmente contro l’assassinio di Blum2 commesso in onta al diritto delle genti ed applaudito dall’esercito, molto più in numero che non tutti gli esaltati d’Italia raccolti in uno? Egli è che il guai ai vinti è pur triste verità». E tanto addoloravano il Casati quei giudizi che, un mese dopo, tornando sull’argomento, il valoroso uomo riscriveva al Panizzi: «Checchè ne sia e dell’esaltazione di alcuni energumeni e dell’assassinio di Rossi, che fu troppo severamente giudicato a danno dell’intera nazione, mentre di assassinii se ne ebbero in Francia, in pochi anni, una dozzina; i marescialli austriaci

  1. G. La Farina, Storia d’Italia cit., vol. II, pag. 584.
  2. Roberto Blum, uno dei capi del partito unitario radicale tedesco, si trovò a Vienna, nell’ottobre del 1848, ove era stato inviato in missione dalla Dieta nazionale di Francfort, di cui era deputato. Egli combattè con gli insorti viennesi contro le milizie imperiali guidate dal maresciallo Windischgrätz. Arrestato il 4 novembre e processato militarmente, fu condannato a morte l’8 novembre e fucilato il 9 successivo, ossia legalmente assassinato, perchè egli era, nella sua qualità di membro della Dieta germanica di Francfort, indiscutibilmente inviolabile.