Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/306

298 pellegrino rossi e la rivoluzione romana

Perchè il fatto dell’uccisione del Rossi, così terribile già in sè stesso, era un fatto clamoroso, straordinario, e per l’alta dignità onde l’ucciso era investito, e per il luogo dove l’eccidio fu compiuto, e per le drammatiche e misteriose circostanze fra le quali era seguito. Per tutte queste ragioni, quindi, quella uccisione diè l’adito immediatamente ad una tessitura di leggende che meravigliosamente crebbero sotto il lavoro della fantasia popolare e sotto il soffio delle concitate e dissennate passioni dei partiti, i quali, per cieco furore, non discernevano il vero e si incolpavano vicendevolmente del barbaro fatto.

Quindi parecchi scrittori di parte repubblicana credettero allora, fors’anco in buona fede, e poi ripeterono, l’uccisione del Rossi essere stata opera del partito albertista, che voleva fare dell’Italia un sol boccone, per servirmi dell’espressione del La Cecilia, il quale era uno di coloro che ingenuamente credevano a quella leggenda. E fra questi B. Del Vecchio, autore di uno scritto, importante, cinquant’anni fa, sull’Assedio di Roma, il quale asseriva «... Ma il partito al Rossi più avverso era l’albertista, capitanato da Gioberti (!). Rossi voleva la federazione de’ principi d’Italia, ed il Piemonte, il quale tutte le speranze italiane voleva rivolte a Casa di Savoia, gridava contro la politica di lui; e tutto il giornalismo piemontese gli si era scagliato addosso, faceva ogni estremo per atterrar un sistema opposto e nemico alle vedute del proprio governo. Non v’è dubbio che la condotta ostile della stampa piemontese e quella de’ missionari albertisti che a tutta voce gridavano pro Carlo, dette vita a quel famoso articolo della Gazzetta di Roma che feriva al cuore il partito albertista, sfrondato per esso d’ogni prestigio appo le genti d’Italia. Pochi giorni dopo la comparsa di quell’articolo, che fu ai primi di novembre, si aprono le Camere in Roma, ed il ministro pontificio. Rossi, già ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, cade trafitto d’un pugnale sulla scala medesima del palazzo de’ deputati. Egli è a notare che, correndo questo tempo, non erasi parlato giammai di repubblica nello stato romano. Ora s’egli è vero, siccome ne accennano le storie, che i rovesci politici nascono e si compiono sotto l’impressione d’un fatto grande o piccolo ch’ei sia, noi dovremmo convenire che la morte del Rossi sia stata cagionata più presto dal furore albertista che da fredda mano re-