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capitolo primo 21

Del resto, in tutta l’attività così straordinaria, in tutta l’opera educatrice, ammaestratrice di Pellegrino Rossi a Ginevra, per quanto non siano esclusi quali cause impellenti e l’ambizione e il desio di gloria e i calcoli degli interessi materiali attribuitigli da parecchi biografi e critici suoi1, dominava però, sopra tutto, un nobile pensiero, un’alta e generosa inspirazione, il pensiero liberale, l’inspirazione civilizzatrice. Quel pensiero costante in lui, quella inspirazione assidua compagna dei suoi atti, dei suoi scritti, delle sue parole - e nessuno dei più fieri nemici del Rossi potrebbe osare negarlo - diedero coesione, armonia e unità di impulso e d’obiettivo a tutti i suoi lavori, trattati, lezioni, articoli, relazioni, discorsi di quel decennio e gli assicurarono - come si vedrà - un’altissima posizione non soltanto nella repubblica di Ginevra, ma in tutta la Confederazione svizzera.

Si comprende quindi come, nel 1823, egli fosse eletto deputato del Consiglio della piccola repubblica e come il mandato di rappresentante gli fosse tre volte riconfermato.

Egli, allora, era divenuto «la personificazione del partito liberale moderato che si veniva formando»2, «era considerato uno dei capi del partito liberale contro il reazionario governo cantonale di Ginevra»3 e si spiega, quindi, l’influenza che un tale nome doveva esercitare in quel piccolo stato; e si spiegano le ribellioni di molti a quella influenza, «ricca di nuove idee, delle quali egli mise in circolazione a Ginevra una grande quantità, di cui i Ginevrini gli dovevano essere grati»4. Un illustre biografo di lui notò «che, mercè la sua abilità nel convincere gli uomini senza comandarli, egli riesci a rinnovare in quella repubblica l’esempio di Pericle ad Atene, di esserne, cioè, il morale dominatore, senza esserne il capo ufficiale»5.

Certo è che egli si occupava ormai di tutto a Ginevra e senza biasimevoli inframmettenze: certo è che tutti gli sguardi

  1. Il Mignet, il De Mazade, il Baudrillart, lo Cherbuliez e più pienamente, come meglio si vedrà in seguito, lo Cretinau-Joly nella citata Histoire du Sonderhund, e Anatole De la Forge, Des vicissitudes politiques de l’Italie dans ses rapports avec la France, Paris, Amyot, 1850.
  2. Ch. De Mazade, art. cit.
  3. L. Reyraud, loc. cit. Cfr. con De Puynode, art. cit.
  4. A. E. Cherbuliez nella Bibliothèque Universelle, art. cit. del 1849.
  5. F. Bertolini, op cit.