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capitolo quinto 265

per il segreto, mai notato fin qui — almeno che io mi sappia — che racchiude e che io spero di scoprire, può dividersi in tre parti: la prima, la constatazione di una situazione di fatto esistente, o creduta esistente; la seconda la ripetuta affermazione della lealtà costituzionale del ministero; la terza, l’ammonimento quasi minaccioso dato non solamente ai suoi avversari o nemici, ma anche ai Consigli deliberanti.

Dissi che nella prima parte sta nascosto un segreto del quale a me pare che nessuno siasi accorto fin qui; e il segreto è questo: che al Rossi non erano note soltanto le trame dei partiti democratico e demagogico, ma anche quelle del partito reazionario. Ma quasi tutti gli storici parlano delle prime e nessuno delle seconde; i giudici processanti hanno frugato, come bracchi, fra cinquecento testimoni, per scoprire le prime, ma non si sono menomamente curati di ricercar le seconde; eppure Pellegrino Rossi, che non era uomo da parlare o scrivere a caso, dopo aver detto che «due partiti concordemente attentano, sebbene con diversi fini...», designa per primo «quello che spera di richiamare un passato a cui è impossibile il ritorno». È egli presumibile che un uomo, così abile e così antiveggente, in momenti in cui esso aveva addosso tanti odii e così fieri nemici, andasse a stuzzicare il vespaio gesuitico-reazionario, se non avesse avuto in mano le prove, o, almeno, gravi indizi delle trame di quello? Sarebbe stata cosa scioccamente e puerilmente impolitica. Dunque è chiaro che egli aveva in mano elementi di prova delle trame gesuitico—reazionarie, come aveva in mano le prove di una parte di quelle del partito democratico—demagogico. Ora se questa considerazione, che - lo ripeto - non mi è avvenuto di vedere fin qui fatta da nessuno scrittore, si metta insieme all’altro fatto, per un ventennio lamentato dal Cardinale Francesco Pentini, dello smarrimento, cioè, delle carte rinchiuse nel cassetto del Conte Pellegrino Rossi, carte da monsignor Pentini accuratamente raccolte e alla meglio ordinate, per comando espresso del Papa, e poi chiuse e suggellate in un pacco, da lui consegnato, la stessa sera del 15 novembre, nelle mani di Pio IX e che non fu mai più possibile rinvenire, benchè monsignor Pentini ad alta voce le richiedesse, protestando di non poter deporre nel processo contro gli uccisori, senza avere dinanzi agli occhi quelle carte, se l’af-