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Quando queste deliberazioni venivano adottate e quando il Generale Zucchi e il Conte Gamba partivano per le provincie affidate alla loro potestà straordinaria, a Bologna si erano già eseguite numerose carcerazioni degli uomini più facinorosi e rapinatori e trenta di essi erano stati condotti, per maggior sicurezza, a Civita Castellana, ove era inviato uno speciale giudice inquirente per sottoporli a processo, come risulta da una lettera inedita del ministro di grazia e giustizia, avvocato Cicognani, allegata nei documenti1.

Fin dagli ultimi di maggio di quello stesso anno 1848, molti liberali napoletani, profughi dal regno, dopo la reazione borbonica, si erano riparati a Roma. Fra questi primeggiavano Aurelio Saliceti, Agostino e Antonino Plutino, Stefano, Giovanni e Pietro Romeo, Achille Parise, Pier Silvestro Leopardi, Ferdinando Petruccelli, Giuseppe Ricciardi, Benedetto e Pasquale Musolino, Luigi Miceli, Niccola Le Piane, Stanislao Lupinacci, Luigi Caruso e Vincenzo Carbonelli, tutta gente più o meno accesa di vecchi e di nuovi rancori contro la dinastia borbonica; quasi tutti Carbonari, o associati alla Giovane Italia, tutti ardentissimi patriotti. Fra quegli emigrati napoletani eravi anche un giovane diciottenne focoso e coraggiosissimo, Giovanni Nicotera, un ex-frate impetuosissimo, Luigi Bianchi, un tintore, pure antico carbonaro, Gennaro Bomba, e un Antonio Majolini o Migliorini, liberale fuggiasco esso pure.

Ora, dal processo compilato contro gli uccisori di Pellegrino Rossi, risulta che alcuni di costoro entrarono in relazione con i due fratelli Bernardino e Filippo Facciotti di Palestrina, i quali avevano la loro bottega da ebanisti alla Salita di Marforio. Bernardino Facciotti aveva, allora, ventotto anni e Filippo ventisei.

Per quanto i due giudici processanti si siano affaticati a cercar magagne nella vita precedente di questi due giovani, non vi sono riusciti: fino al 1848 essi erano mondi di qualsiasi responsabilità penale, onesti, bravi ed esporti nell’arte loro, allegri, compagnoni, bevitori e ardenti di amore per la patria e per la libertà. I Facciotti non erano due aquile di ingegno, ma abbastanza svegliati; e Bernardino, che era di intelletto più pronto,

  1. Vedi Documento, n. L, in fine del presente volume.