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capitolo quinto 239

il maceratese Conte Alessandro Spada, onesto e temperato liberale, ma debole e impotente a tanto peso; a delegato della provincia d’Ancona, in sostituzione di monsignor Achille Maria Ricci, il bolognese avvocato Antonio Zanolini, profugo del 1831, deputato, uomo di saldi principii liberali e di carattere fermo ed energico.

Da molteplici deposizioni, raccolte nel processo compilato, poscia, dal 1849 al 1853, contro gli uccisori di lui, deposizioni fatte dai principali suoi collaboratori e subalterni, risulta — come meglio si vedrà in seguito — che il Rossi era serio, imperioso, ma urbano, che parlava poco e lavorava molto1.

Ma intanto che il Rossi si adoperava, con tutta la sua attività ed energia, a ridare al governo l’autorità ed il prestigio che non aveva più, intanto che taluni dei suoi atti erano lodati anche dai giornali di opposizione e intanto che, al contrario, molti dei provvedimenti da lui ordinati, pel fatale equivoco di cui ho parlato, erano sinistramente interpretati e ostilmente commentati come provvedimenti che accennavano a reazione, a Torino si riuniva il congresso federativo promosso dal Gioberti, il quale era stato convocato dall’illustre filosofo col triplice intendimento: di mettere, possibilmente, d’accordo nel concetto della lega i più alti e famosi uomini d’Italia; di affratellare, in questa occasione, gli ingegni più eletti, costringendo quasi ad avvicinarsi uomini insigni che non si conoscevano fra di loro che di nome; in fine di rialzare lo spirito depresso delle popolazioni e l’entusiasmo e la fede nei destini della patria.

A Torino, adunque, convennero, il 20 ottobre, attorno al Gio-

  1. Ecco come il Montanari descriveva Pellegrino Rossi, in una sua lettera da Roma, in data del 2 ottobre indirizzata, a Bologna, all’illustre amico suo Marco Minghetti: «Il Conte Rossi è veramente grande uomo di stato, io me ne accorgo ogni giorno più. Ha la semplicità, la speditezza e la misura dell’agire che bisogna in ogni occorrenza. Unisce alla gravità della teoria la sicurezza della pratica; ed in ogni ramo della cosa pubblica giudica e consiglia con una dirittura meravigliosa. Se i tempi gli concedano un poco di rispetto, io tengo per fermo che farà un gran bene a questo povero paese» (M. Minghetti, Miei ricordi, vol. II, pag 382).
       Come si vede avveniva il solito fenomeno: Pellegrino Rossi, col suo spirito superiore e fascinatore, conquideva i suoi piccoli colleghi; ma avveniva anche ciò che aveva preveduto il Rosmini: egli qiudicava e consigliava con dirittura meravigliosa in ogni ramo della cosa pubblica: si era alla dittatura Rossi, preconizzata dall’illustre roveretano.