Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/221


capitolo quarto 213

E, allora, non era costui, questo avventuriero, questo straniero, questo opportunista, non era egli un papalino, che saliva al potere per sostenere e puntellare il vacillante trono pontificio e per aiutare il Papa fedifrago nella sua politica reazionaria e antinazionale?

Questi i giudizi che formulavano in buona fede la maggioranza dei reazionari e quella degli esaltati; senza parlare dell’ampliamento e delle insinuazioni artificiosamente velenose che ne traevano coloro che erano in mala fede e dei quali non era scarso il numero e nell’uno e nell’altro partito.

Ora, per tornare donde io mi sono dipartito, a fine di studiare esattamente la situazione del Rossi e di fronte al pubblico e di fronte a sè stesso, nel momento in cui assunse il potere, vista quale fosse questa situazione, io domando ancora: tutte queste cose non vedeva il Rossi in quel momento? Quali ragioni, quali visioni lo indussero ad assumersi il gravissimo carico? A quali considerazioni si inspirò nelle deliberazioni sue?

In parte può dare qualche lume, per rispondere a queste domande, la lettera che il Rossi scrisse ad un suo intimo, proprio in quei giorni, e che io riproduco, sebbene già pubblicata da altri scrittori:

«Occorre un corpo di ferro per non cader malato in questi sventurati tempi» - scriveva egli - «ed io comprendo come l’amico Giordani abbia preso presto la via dell’altro mondo. Io non compiango lui, ma noi. Io era risoluto e lo sono ancora a restare nella mia patria. Le sventure d’Italia non mi fanno cambiar d’opinione; al contrario: esse mi raffermano nel mio disegno; ma non per questo sono meno risoluto a non voler ridivenire suddito modenese e a non voler abitare una terra sottoposta alle baionette austriache. Per questo abbandonai l’Italia trent’anni fa e accettai la sorte del proscritto. Non si ricomincia alla mia età questo divertimento. Io voglio ridivenire italiano, non emigrato. Il Papa ha dissipato tutti i miei dubbi. Sua Santità si è degnato per la seconda volta di fare appello al mio concorso per la formazione di un ministero... io ho aderito ai desiderii di Sua Santità. Io resto italiano, ma a Roma e con la speranza che il mio concorso non sarà inutile all’Italia e alle sue nuove istituzioni. Io so quale difficile intrapresa accetti: so che troverò