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capitolo quarto 187

tato la causa della indipendenza e della libertà, aveva ingannato i suoi ministri costituzionali, aveva abbandonato come briganti e messi fuori dei diritti delle genti ì suoi sudditi, ora da lui sconfessati, che guerreggiavano nel Veneto e in Lombardia e, col suo esempio, inaugurando una politica di reazione e completamente opposta a quella seguita fin lí, veniva a fortificare TAustria, a indebolire la causa nazionale alla quale, di fatti, venne subito meno l’aiuto dell’esercito napoletano, arrivato al Po e il quale, dopo l’Allocuzione del 29 aprile, ricevette subito rondine di retrocedere.

Quali effetti producesse in Roma quella Allocuzione è noto:

rindignazione popolare fu vivissima e quale logicamente doveva essere: nondimeno, e non ostante le sciocche contemporanee e postume declamazioni di storici scrittori reazionari e anche di parecchi dottrinari e moderati, lo scoppio d’ira del popolo e della guardia civica di Roma non fu adeguato all’enormità incalcolabile del danno, alla incalcolabile enormità dell’offesa recata dall’Allocuzione papale. Si, la storia imparziale debbe affermarlo oggi, dopo cinquantanni; la popolazione e la civica romana diedero esempio mirabile di senno e di temperanza1.


  1. Son curiosissimi, giunti a questo punto, gli scrittori del partito moderato e dottrinario. Curiosissimi il Farini, il Balbo, il Minghetti – il quale ultimo – per esempio — scriveva su quell’Allocuzione che essa era «senza dubbio la vittoria del partito clericale d’Europa sopra l’Italia e sopra il partito liberale» (Miei ricordi, vol. I, pag. 212) - e i quali tutti tre poi, pur convenendo — e sfido io a negarlo! — che quella era una riprovevole defezione, pure giustificando il Ministero liberale, di cui facevano parte il Recchi, lo Sturbinetti, il Galletti e gli stessi Minghetti, Pasolini e Farini e che diede le proprie dimissioni, pur condannando il Papa, se la prendono poi col popolo e con la civica che disapprovavano ciò che disapprovavano essi, condannavano, e a gran ragione, ciò che essi condannavano. E il popolo aveva molta più ragione di loro; perchè fra quel popolo c’erano tremila padri, tremila fratelli che vedevano esposti i loro figli e i loro fratelli, entrati in guerra con gli Austriaci, ad esser trattati non come belligeranti, ma come masnadieri. O perchè mai ad essi soli, ai Farini, ai Minghetti, ai Balbo, doveva essere riservato il monopolio e il privilegio di biasimare l’Allocuzione papale e perchè mai il popolo soltanto doveva restar muto, indifferente e reverente avanti ad essi? che razza di logica è mai questa degli scrittori dottrinari moderati? La verità vera è che il popolo romano unanime insorse contro quella Allocuzione, che distruggeva in un attimo sogni, speranze, illusioni, che minava la chiusa nazionale, con maggior diritto che contro essa non protestassero i ministri, e la verità vera è che, in quel legittimo dolore, in quell’ira giustificata, il popolo gridò, strepitò... e non torse un capello a nessuno! E queste cose confermava, in tempi più calmi, lo stesso Farini, quando scriveva, il 20 febbraio 1858: «I mali nuovi incominciarono