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impegnati in guerra con gli Austriaci - la famosa Allocuzione che distruggeva - e irrevocabilmente e per sempre - la contraddizione e ridava la libertà di movimento a tutti nel cammino logicamente fatale della storia.

In quella Allocuzione il Papa adduceva tutte le ragioni per le quali egli non poteva, non doveva, non voleva dichiarare la guerra all’Austria e metteva in splendidissima luce la contraddizione esistente nel duplice ufficio di cui egli si trovava investito e la incompatibilità dei due uffici nella stessa persona. Dopo aver dichiarato come e perchè egli non scenderebbe mai in guerra contro gli Austriaci, aggiungeva che mai assumerebbe la presidenza di una confederazione italiana1.

Cosi si rompeva l’incantesimo, si dissipavano tutte le speranze, si distruggevano tutte le illusioni; il Papa riprendeva per sè e restituiva agli Italiani la libertà d’azione, dalle nuvolette rosee del mondo dei sogni si tornava sul campo solido e doloroso della realtà.

Come Pontefice della Chiesa cattolica Pio IX aveva fatto il suo dovere e il Cardinale Lambruschini, esultando nell’udire leggere quella Allocuzione, aveva esclamato: «Finalmente ha parlato da Papa!»; ma come principe italiano egli aveva diser-

  1. Aveva torto, quindi — e sia detto con tutto il rispetto e con tutta l’ammirazione ch’io sento per il grand’uomo — Pellegrino Rossi allorché diceva al Minghetti e ad altri: «Le Pape a gaspillé un trésor de popularité» (vedi M. Minghetti, Ricordi vol. I, pag. 211); perchè tutta la popolarità immensa del Papa era quasi intatta fino al 29 aprile e se egli non avesse disdetta la guerra e abbandonata la causa nazionale, se come afferma il Gioberti, egli avesse potuto comprendere che il «timore di uno scisma alemanno era vanissimo» e se avesse potuto ripensare che «infinite sono le guerre politiche a cui i Papi parteciparono senza che la concordia cristiana no scapitasse» (vedi V. Gioberti, Rinnovamento, vol. I, pag. 211 e 278), la popolarità di Pio IX sarebbe cresciuta ancora. Ma la storia non si svolge sui se e sui ma: quindi Pio IX dovette, per ineluttabile e ferrea necessità di cose, come sopra ho dimostrato, scialacquare ad un tratto tutta la sua popolarità il 29 aprile, quando gettò via la plumbea cappa della contraddizione, sotto la quale da ventidue mesi soffocava. La popolarità di Pio IX veniva dalle grandi cose di cui era creduto capace e che si aspettavano da lui: quindi, allorché egli, ad un tratto, si mostrò privo delle qualità necessarie, si palesò incapace e impotente a quelle grandi cose, egli non scialacquò, non sperperò il tesoro della sua popolarità, egli restituì ai popoli disingannati quel tesoro di illusioni di cui essi lo avevano circondato. Sugli errori a cui fu tratto Pio IX principe e sulla enciclica, vedi C. M. Curci nel Vaticano Regio, cap. II e V, e A. Rosmini, Della Missione a Roma di A. Rosmini, Commentario. Torino, Paravia, 1881, pagg. 200 a 218.