Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/191


capitolo quarto 183

e di autonomia, concesse sotto la pressione di popolari vittorie, a rimanere sotto il dominio dell’Austria e creder possibile che gli altri Italiani loro lo consentissero. In questa supposizione, in questo se così leggermente buttato là, non soltanto manca la giusta valutazione della temperatura altissima di febbre a cui erano giunti i polsi italiani, ma mancano i termini del paragone; perchè gli abitanti del ducato di Posen, che chiedevano e ottenevano riforme dal Re di Prussia, erano ben lungi dal trovarsi nelle condizioni in cui si trovavano i Milanesi e i Veneziani, i quali, da loro, avevano espulso, a furor di popolo, i Croati dalle proprie città e che sapevano anche come, al loro soccorso, sopravvenisse un forte e bene ordinato esercito di sessantamila uomini!

Ma ora, per Pio IX, era sopraggiunto, a causa di quell’apoplettico succedersi di inopinati e gravissimi fatti, il momento in cui quella poderosissima contraddizione, entro le acciaree strette della quale si andava aggrovigliando da ventidue mesi, comandava una decisione che togliesse ognuno dal mare degli equivoci, in cui tutti andavano, alla cieca, navigando da quasi due anni. Ben se ne accorgeva il Pontefice, ciò è a dire ben se ne avvedevano coloro che lo attorniavano e che, in nome degli interessi della Chiesa, si erano ormai impadroniti dell’animo suo timido e scrupoloso. Quegli avvenimenti fulminei e le conseguenze a cui essi adducevano avevano percosso i Cardinali, i sanfedisti, i gesuiti, i quali si valsero dei loro terrori per trasfonderli, addoppiati, nel cuore del vacillante Pontefice. Il turbamento di quella coscienza trapelava dall’Allocuzione in stile biblico e con oscuri concetti apocalittici, lanciata ai popoli d’Italia il 30 marzo. Gli avvenimenti che questi due ultimi mesi hanno veduto, con si rapida vicenda, succedersi ed incalzarsi, non sono opera umana. Guai a chi, in questo vento che agita, schianta e spezza i cedri e le roveri, non ode la voce del Signore!»

Cosi cominciava quella Allocuzione, tutta ridondante di tristi riflessioni, che avrebbero voluto essere filosofiche, intorno agli imperscrutabili decreti della Provvidenza e nella quale il Pontefice parlava agli Italiani, che, in quel momento, erano vittoriosi, parole di misericordia verso i vinti e, per tutto aiuto ad essi, nella lotta che sostenevano contro il poderosissimo oppres-