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capitolo terzo 171

mento del potere nel paese»1. Pellegrino Rossi doveva essere costernato da quell’avvenimento tanto repentino e inopinato: muto e pensoso vedeva crollare, ad un tratto, tutto l’edificio che egli, con tenacia e operosità meravigliose, aveva faticato quasi quattordici anni a costruire: egli non era più ambasciatore nè Pari di Francia, non più professore, cessava da tutti i suoi uffici; dall’apice della grandezza cadeva nel nulla.

E, mentre si apparecchiava a uscire dal palazzo Colonna a Santi Apostoli, sede dell’ambasciata di Francia, riandava, senza dubbio, col pensiero tutta la sua vita tempestosa e avventurosa e melanconicamente considerava come tre volte egli avesse ricominciata la propria esistenza, come tre volte fosse riuscito a costituirsi uno stato onorato, lucroso, eminente, invidiato e come ora, per la terza volta, e, inopinatamente, di un subito la splendida sua condizione andasse in frantumi, ora che egli aveva sessant’anni! Quale sarebbe il suo avvenire? Si può ricominciare la vita a sessant’anni? Si hanno, a sessant’anni, ancora le forze morali e intellettuali, il vigore fisico per ricominciare la faticosa salita dell’erta in vetta alla quale si può trovar la fortuna?...

Nondimeno Pellegrino Rossi, in quell’ora angosciosa, avrà pensato che gli restava il nome, la riputazione di grande penalista e di grande economista, l’onore intatto, l’ingegno potente, la dottrina vastissima, la parola affascinante e un lampo di speranza gli avrà forse illuminata la mente ottenebrata dal dolore: Chi sa!,.. Forse non è ancora tutto perduto!... Chi sa!...


  1. Gustavo De Puynode, articolo citato nel Journal des Économistes.