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menti e vivo entusiasmo: ormai anche le popolazioni toscane avevan preso l’abbrivo e nulla più le avrebbe arrestate.

Lo stesso era avvenuto a Lucca, dove il quasi farneticante Duca Carlo Lodovico, dopo avere bravato arrogantemente i suoi sudditi chiedenti riforme, aveva, da popolare ammutinamento umiliato, tutto concesso.

Nè meno erano commossi da mal compresse e da tanto tempo represse speranze i tenacissimi Liguri e Piemontesi, ai quali suonava gradita e arra di prossima azione di riscatto la parola che il chiuso e meditabondo, asceta e cavalleresco, nobilissimo Amleto Sabaudo faceva vibrare nel Comizio agrario di Casale, per le labbra del suo segretario particolare Conte Trabucco di Castagneto: quella parola era di minaccia contro l’Austria. Di qui grandi manifestazioni popolari a Casale, ad Alessandria, a Genova, a Torino; di lì il congedo dato al fedele del Metternich, al devoto dei gesuiti Conte Solaro della Margarita; di li l’iniziarsi e il rapido svolgersi di armoniche ed ordinate riforme; di li una fioritura di patriottico giornalimo in cui primeggiavano il Risorgimento e la Concordia.

E in Sicilia e nel reame napolitano, dove il nome e gli atti di Pio IX avevano pure suscitato speranze e desiderii caldissimi di patria carità, le popolazioni, che, con aperte rimostranze e con preghiere e quasi con minaccio, avevan cercato di attrarre in quella nazionale agitazione Ferdinando II di Borbone - al quale non mancava ingegno svegliato e pratica degli altari e scaltrezza di atteggiamenti, ma che nemico era di novità, del suo assoluto potere tenero e geloso e che nelle pieghe dell’anima simulatrice, malvagia e codarda, annidava e cullava una smodata ambizione a cui non vedeva quale soddisfazione da quei sommovimenti italiani sarebbe potuta venire - le popolazioni, dico, ora cominciavano a rompere in atti di ostilità, che presto si muterebbero in aperta ribellione.

Fremevano i Modenesi sotto la repressiva ed austriaca politica di Francesco V, ma più fremevano ancora i Veneti e i Lombardi, negli animi dei quali più vivo si riaccendeva il vecchio odio contro l’oppressore croato in presenza delle nuove speranze. Ma gli sgherri della polizia austriaca vegliavano ringhiando e, il giorno 8 di settembre, sul popolo inerme, che festeg-