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capitolo terzo 157

rimessamente, cercava di ributtare la colpa della occupazione sul feldmaresciallo Radetzky, mostrando di non credere che l’ordine ne fosse venuto da Vienna, ad ogni modo, dico, quella occupazione fu l’atto provocatore che fece divenire aperta e manifesta l’aspirazione generale degli Italiani all’espulsione degli Austriaci dalla penisola. Se, fino a quel punto, questo ideale delle popolazioni era apparso sempre sotto i veli delle allusioni e delle perifrasi, ora, dopo quell’atto di brutale prepotenza dell’Austria, sfolgorava alto in tutti gli articoli dei giornali, anche dei giornali più temperati come, ad esempio, il Felsineo di Bologna di cui era comproprietario e collaboratore il temperatissimo Marco Minghetti. Questo atto eccitava a sdegno anche quella parte di popoli italiani che era d’animo più mite; per il che la situazione già grave di aspre difficoltà in cui si trovava il Pontefice, diveniva più grave e perigliosa ancora.

«Il Principe di Metternich e il maresciallo Radetzky riuscirono, con le loro inconsulte provocazioni, a sollevare gli animi in modo insolito, a condurre la romana Corte più lontano di quello che per avventura desiderasse o volesse, a tirare sull’Austria l’animadversione delle stesse genti devote, schive fino allora dei politici negozi, ed il biasimo dell’Europa civile: gittarono il guanto di sfida e il grido di guerra in mezzo all’Italia ed avvalorarono il sentimento nazionale e le secolari ire italiane della alleanza e della benedizione del capo della cattolicità»1.

Ma quale era il pensiero e, per conseguenza, quale l’atteggiamento di quel grande dottrinario liberale-conservatore del signor Guizot e, per conseguenza, quale la situazione dell’ambasciatore francese in quella improvvisa tempesta? La Francia, per effetto dei disegnati matrimoni spagnoli, erasi, in quel momento, alienata l’amicizia dell’Inghilterra e trovavasi isolata in Europa: onde il Re Luigi Filippo e il Guizot si erano riavvicinati all’Austria, onde una intimità quasi tenera si era venuta

    indizio della segreta connivenza di lui nella tentata invasione. In uno solo dei dispacci riportati dal Farini il Cardinale Ferretti si mostrò energico quasi oltre misura, ma perchè in quel dispaccio se la prendeva col ministro plenipotenziario di Prussia in Roma, Conte Usedom, il quale si era offerto intermediario per la conciliazione della vertenza di Ferrara, proponendo patti che dal governo romano non potevano decentemente venire accettati.

  1. L. C. Farini, op cit., lib. II, cap. V, pag. 232