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capitolo terzo 147

ora con un altro, di rompere la quiete pubblica e di turbare quell’aura di arcadica pastorelleria, che spirava da per tutto, sotto quella luna di miele del nuovo pontificato. E occorsero a scuotere il governo dalla indolenza tartarughesca, con cui andava preparando l’ordinamento della guardia civica, al quale era segretamente avverso lo stesso Cardinale Gizzi, i tumulti manifestatisi in Roma, negli ultimi dieci giorni del giugno, prima fra i cocchieri romani e gli abruzzesi, poi fra gli abitanti del rione Regola, confinante col ghetto, e gli Ebrei che in questo abitavano. Quelle contese, molto probabilmente accese o, almeno, alimentate dall’irrequieto partito sanfedista, che aveva interesse a turbare la pace, furono, non senza fatica, calmate dall’operosità amorosa ed energica di Angelo Brunetti, coadiuvato dai giornali liberali e da autorevoli cittadini. E il 5 luglio fu strappata al renitente Cardinale Gizzi la notificazione che statuiva l’ordinamento della guardia civica, la quale iniziò, in Roma, benchè ancora non organizzata che embrionalmente, la sua azione con la repressione ordinata, zelante e intelligente della congiura ordita dai sanfedisti e la quale era coordinata con la occupazione ingiustificata, improvvisa ed arbitraria della città di Ferrara avvenuta il giorno 17 luglio per parte degli Austriaci1.

Il Cardinale Gizzi rassegnava, fin dal giorno 10, le sue dimissioni e monsignor Grassellini, che, sotto il nome di governatore di Roma, dirigeva la polizia, fu destituito con ordine di partire entro sei ore da Roma; al primo fu sostituito dal Papa il cugino suo, Cardinale Gabriele Ferretti - che era assente dalla capitale —; all’altro succedeva monsignor Giuseppe Morandi. Il nuovo segretario di stato non giungeva in Roma che il giorno 26 luglio;

  1. Intorno alla congiura di Roma - sotto il qual titolo F. De Boni scrisse, a quei g’iorni, un volume (La congiura di Roma e Pio IX, Losanna, S. Bonamici e C., 1847) - impugnata da dodici fra gli storici di quegli avvenimenti, come cosa inventata dai liberali; sulla quale sono dubitosi, benchè più proclivi a crederla vera che no, diciassette scrittori; a cui credono assolutamente trentacinque scrittori, io ragionai abbastanza a lungo nel capitolo terzo dell’indicato mio volume Ciceruacchio e Don Pirlone, ricordi storici, ecc, e dissi le ragrioni per cui anche io credevo e credo alla esistenza di essa.

       Oggi aggiungerò che, dopo la pubblicazione di quel mio volume, ho rinvenuto nuovi documenti, ignoti fin qui, per effetto dei quali più che mai credo alla realtà della congiura, e penso che - quando saranno pubblicati più che mai vi crederanno tutti i lettori imparziali.