Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/146

138 pellegrino rossi e la rivoluzione romana

Se il Metternich, il Lambruschini, il Solano della Margarita, i gesuiti e i loro seguaci, per antichi e profondi convincimenti, per antichi e per presenti interessi, stimavano ottimo quel barocco edificio, se ottima stimavano la politica inaugurata a Vienna fin dal 1815 e mantenuta fino a quel giorno, come mai e perchè mai non avrebbero dovuto trovare pessima e nefasta la politica delle concessioni e delle riforme, invece di quella della repressione e della reazione?

Naturale, quindi, e logico era ciò che avveniva; e le trame di ogni specie a cui i reazionari ricorrevano per inceppare le riforme erano le legittime conseguenze di legittime premesse: inutile e illogico, perciò, era ed è il declamare contro di esse come fanno gli storici più liberali1, inutile l’affannarsi, contro l’evidenza della ragione e dei fatti, a negare o a nascondere quelle trame, come fanno gli storici papalini2.

Le trame c’erano e affannose e potentissime, e c’erano perchè ci dovevano essere e avevano la loro ragione di essere.

E non soltanto esistevano quelle trame, ma bisogna constatare che esse raggiungevano perfettamente il loro scopo, impedendo 0 rallentando razione riformatrice, intiepidendo e turbando l’animo incerto, titubante e pauroso del Papa, deludendo le speranze dei liberali, inasprendo gli spiriti più caldi e mantenendo viva e compatta l’azione di resistenza dei centurioni, dei sanfedisti, dei gesuiti e di tutta la caterva dei satelliti della reazione.

«È uno spettacolo curioso ed istruttivo quello che dava il nostro ambasciatore a Roma» - scrive uno storico temperantissimo - «non perdendo una sola occasione di segnalare anticipatamente i pericoli contro cui, a pochi giorni di distanza, l’amministrazione del Papa veniva ad urtare, indicando precisamente, al momento in cui esse sarebbero state opportune, o in cui sarebbero state ricevute con riconoscenza, concessioni che, più tardi, bisognava accordare senza gratitudine e senza profitto. Dagli ultimi mesi del 1846 fino alla vigilia della rivoluzione di

  1. Il La Farina, il Torre, il Gabussi, il Saffi, il Miraglia da Strongoli ed altri parecchi.
  2. Lo Spada, il Balan, il Croce, il Balloydier, il D’Arlincourt e gli altri loro soci di libelli, offerti al pubblico sotto il mentito nome di storie.