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capitolo terzo 125

assai che di sentimento religioso, di pregiudizi paurosi e di superstizioni infantili aveva l’animo ingombro: onde sul suo cuore due modi più sicuri vi avea di far presa: col solleticarne la vanità e col suscitarvi lo scrupolo.

Tale era l’uomo che trentasei cardinali avevano elevato al soglio pontificio.

«Tutti», scriveva il Rossi al Guizot, «ci felicitano come di una scelta conforme ai nostri desiderii. Io, infatti, ne spero bene. Il mio primo colloquio col Papa non poteva essere nè più cordiale, nè più commovente. Esso ha impressionato il pubblico che ne fu testimonio. Evidentemente il Santo Padre l’attendeva e lo desiderava. Io gli ho detto, nel congedarmi, che speravo di aver presto l’onore di presentargli le mie lettere di ambasciatore. Egli mi ha risposto, con effusione: io le riceverò con la più viva soddisfazione. Debbo aggiungere nulladimeno, che io non lo conoscevo personalmente, perchè egli non dimorava in Roma: ma me ne dicono un gran bene. Egli è religiosissimo; ma, laico fino a trent’anni1, la sua educazione gli fu data da’ preti. Egli appartiene ad una scuola teologica ben conosciuta a Roma e che accoppia a molta pietà, idee elevate e sentimenti di tolleranza2. Egli è assai amato nelle Legazioni e rinomato per la sua carità. Egli ha un fratello che si trova assai compromesso negli affari del 1831. Non ignara mali, ecc. Egli non ha ancora nominato i suoi ministri. Vedremo»3.


  1. Il Rossi cade in una lieve inesattezza, scusabilissima in quel primo momento se si pensi che il Cardinale Mastai era pochissimo conosciuto in Roma, e che il Rossi scriveva proprio nel giorno successivo alla elezione di lui: il Mastai indossò gli abiti ecclesiastici e si diede allo studio della teologia nel 1810, e cioè a ventiquattro anni della sua età, e fu ordinato prete e disse la sua prima messa nella Pasqua del 1819, cioè quando egli aveva ventisette anni.
  2. Il maestro di teologia del Mastai, e anche del famoso padre Gioacchino Ventura, fu l’abate romano Giuseppe Maria Graziosi, temperante, mansueto, vero modello di semplicità e carità evangelica e dotto nelle cose sacre. Il Mastai, divenuto Papa, lo nominò canonico della basilica Lateranense e lo volle suo confessore e consigliere. Sventuratamente l’egregio uomo morì ai primordi di quel pontificato, il 22 agosto 1847. L’altro suo discepolo, padre Ventura, ne disse eloquentemente e pubblicamente l’elogio. Opere complete del P. Gioacchino Ventura, Genova, Dario Giuseppe Rossi, 1852, nel volume contenente gli Elogi funebri, pag. 363 e seg.
  3. Lettera dell’ambasciatore P. Rossi al minestro Guizot, in data 17 giugno 1840, nelle Mémoires del Guizot stesso, vol. VIII, cap. XLVI, pag. 341.