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capitolo secondo 119

Il nuovo ambasciatore ne dava la notizia al ministro con una lettera in data giugno in cui scriveva: «La Santa Sede è vacante. Roma è immersa nello stupore: non si era preparati ad una fine così sollecita. Ogni congettura sul conclave sarebbe ora prematura. Non si presenta alcun candidato efficacemente indicato; nessuno di quei nomi che tutti hanno sulle labbra. Se voi domandate quali saranno i Cardinali papeggianti, ciascuno ve ne nominerà sette o otto, per la maggior parte poco conosciuti e assenti da Roma. Ciascuno sa quello che egli non vuole, non quello che vuole»1.

Cosi, con finissimo sintetico giudizio, l’insigne uomo riassumeva sapientemente la vera condizione degli animi e delle cose.

«Non si trattava più di gesuiti, nè di libertà d’insegnamento» esclama a questo punto il Guizot - «noi eravamo alla vigilia di problemi e di perigli assai più gravi. Era tutto il mondo cattolico, stato e Chiesa, che entravano in discussione ed in fermento. Io presentiva l’immensità e le tenebre di questo avvenire. Ma quali potessero essere gli avvenimenti noi eravamo ben risoluti a condurci secondo la politica liberale e antirivoluzionaria di cui avevamo fatto dovunque il nostro vessillo e io mi felicitavo di avere fissato a Roma un ambasciatore capace di sostenerla abilmente e degnamente. Ero lontano dal prevedere quale sorte e quale gloria ivi lo attendessero»2.

Un mondo crollava colla morte di Gregorio XVI e uno nuovo stava per uscire dal caos con la elezione di Pio IX. Prima di entrare nell’esame della parte che Pellegrino Rossi ebbe nei vertiginosi, convulsionari, meravigliosi avvenimenti di quel triennio 1846-1849 - nel quale triennio si racchiude quasi più denso contenuto di storia che non se ne accolga nel trentacinquennio precedente - io debbo soffermarmi un istante e pregare il lettore a soffermarsi meco a considerare, nel complesso dei suoi risultati, l’opera di Pellegrino Rossi nel tredicennio che va dal 1833 al 1840. Entrato, non ignoto, è vero, e protetto, è vero, ma da uomini poco benevisi e quasi impopolari, entrato quasi come un avventuriero, eccitatore di diffidenze e di sospetti in

  1. Lettera di P. Rossi al ministro Guizot, in data giugno 1846, nelle Mémoires dello stesso Guizot, vol. VII, pag. 463.
  2. F. Guizot, Mémoires, ecc., vol. VII, pag. 464