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capitolo secondo 107

tere che lo accreditavano ministro plenipotenziario presso la Santa Sede. Il Papa accolse assai benevolmente il Rossi e si intrattenne amabilmente e a lungo con lui, lieto e meravigliato di poter parlare in italiano col rappresentante della Francia1.

«Il fascino del suo ingegno, la forma insinuante delle maniere, la piacevolezza stessa del dire non tardarono a renderlo simpatico e gradito, quanto prima era stato inviso, per non dire spregiato. Le ripulse non lo spaventarono, le difficoltà non gli fecero inciampo, le polemiche non lo imbarazzarono: la superiorità del suo ingegno scioglieva ogni questione, l’affabilità dei modi vinceva ogni ritrosia»2. Perchè si verificava ciò che aveva detto del Rossi il Guizot3, inadatto e disdegnoso ad attirarsi la simpatia delle assemblee e delle moltitudini, egli possedeva tutte le arti per attrarre uno o più privati interlocutori: ed è luminosamente provato che quelle arti adoperò tutte, con tatto squisito, alla conquista dei monsignori e dei Cardinali di Roma e dello stesso vecchio Pontefice.

E qui comincia la rivelazione di ciò che sapesse fare Pellegrino Rossi come diplomatico, rivelazione contenuta nella sua corrispondenza col Guizot, della quale larga parte c’è stata conservata nelle Memorie dello stesso Guizot e nella Storia del D’Haussonville. Questa corrispondenza del Rossi è una ricca e continua manifestazione della grande finezza e sagacità dello spirito di lui, a cui nulla sfugge, che vede, che prevede, che spesso indovina. Da quella corrispondenza risulta l’antipatia e quasi lo sprezzo che in esso suscitava il governo dei preti, del quale rivelava, ad ogni nuova lettera, qualche magagna; risulta la poca stima che gli inspirava la società romana; ma risulta ancora un vivo ed assiduo desiderio del bene e il grande amore che egli nutriva per l’Italia, della quale invocava, nell’intimo dell’animo suo, la redenzione.

In quella corrispondenza è tracciato, con evidenza luminosa, l’abilissimo disegno del Rossi, mutatosi in Fabio Massimo Cunctator. Convinto che a Roma, a quei tempi, «le opinioni, le convinzioni, le determinazioni non discendono dall’alto al basso,

  1. F. Guizot, Mémoires, ecc., loc. cit.
  2. F. A. Gualterio, op. e loc. cit.
  3. Vedi in questo stesso volume, a pag. 35.