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— Maligni, — disse Mariella. — Vanna non è proprio cosí.

— Non sono magnifiche? — disse Loris.

Continuarono cosí, e Momina saltava di palo in frasca, mi sogguardava con quel suo modo minuzioso, m’interpellava, voleva incantarmi. Mi piacque che non tornassero piú sulla faccenda del dramma. Chi non stava a suo agio era Mariella, si capiva che l’altra le portava via il posto. Momina era piú giovane di me, ma non molto: vestiva benissimo, un tailleur grigio sotto la pelliccia di castoro, e aveva pelle massaggiata, il viso fresco; sfruttava la sua miopia per darsi un’aria staccata. Mi ricordai l’abito viola del veglione, e le guardai l’anulare, ch’era vuoto.

— Noi andiamo, — disse Mariella a un tratto.

Momina ci disse di aspettarla, che aveva la macchina sotto. Riempimmo in tre la topolino verde: mi aspettavo di meglio. Mariella volle montare di dietro. Accendendo, Momina mi disse: — È tutto quanto mi passa mio marito.

— Ah, — dissi.

— Vivo sola, — osservò Momina partendo, — è meglio per lui e per me.

Volevo scendere in via Po, dare un’ultima occhiata; Momina disse: — Resti con me, stasera.

Mariella, dietro, non parlava. La posammo davanti al cancello, sul suo viale. Per farla scendere, scendemmo anche noi ribaltando i sedili. All’ultimo momento s’era messa a riparlare del dramma, di Maria Maddalena, e si lagnava di Momina, di noi, ci accusava di mandare a monte le cose. Momina le rispose freddamente, si urtarono, io guardavo le piante. Adesso stavano zitte. — Domani ti racconto, — disse Momina. Risalimmo noi due.

Mi riportò al centro, non disse nulla di Mariella. Parlò della Nene invece, e disse che faceva delle cosí belle sculture, — Non si capisce perché perda il tempo con quel Loris, — sorrise: — È cosí intelligente. Una donna che vale piú dell’uomo che le tocca è una grossa disgraziata.

Le chiesi di portarmi in via Po.

Quando uscii dal portico e mi riaccostai alla macchina, Momina fumava una sigaretta e guardava innanzi nel buio. Mi aprí lei lo sportello.

Andammo a prendere l’aperitivo in piazza San Carlo. Ci sedemmo in due poltroncine in fondo a un nuovo caffè dorato,


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