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VI.

Quella sera non si parlò piú della messa in scena. Vedevo svolazzare la farfalla nera di Loris, ma giravo al largo, e anche Mariella doveva averla capita, perché mi tirò in mezzo a certe signore dov’era sua madre e ci fece parlare di mode. Credeva di farmi piacere? Ritornò sul discorso della sua amica del veglione, disse che avrebbe voluto venirci anche lei ma si sentiva ancor troppo ragazza. Mi tornò in mente la barella e il vestito di tulle. — O potevi venirci, — disse la bassotta foderata di raso, — nessuno ha trasmodato. Conosco gente che a metà festa per divertirsi ha cambiato locale.

— Quattro salti in famiglia? — disse Mariella ghignando.

— Davvero, — disse un’altra.

— Quattro salti nel buio, — finí Mariella guardandosi intorno. Le signore sorrisero, scandalizzate e contente. Non era mica una sciocca Mariella, era lei che teneva salotto, e in quei discorsi c’era nata. Mi chiesi se avrebbe saputo cavarsela cominciando dal basso come sua nonna aveva fatto in gioventú. Mi tornò in mente quel discorso di Morelli e mi fermai.

Parlammo appunto di Morelli e della vita che faceva. Con Roma, e le ville romane e qualche gran nome detto a proposito, misi a tacere le piú schifiltose del crocchio. Lasciai capire che Morelli era di casa in certe case, e che Roma è la sola città da cui non c’è bisogno di uscire. Sono gli altri che vengono a Roma. Mariella batté le mani e disse che si divertiva tanto e che un giorno sarebbe passata da Roma. Qualcuna parlò dell’Anno santo.

— Quei disgraziati. Cosa fanno? — disse a un tratto Mariella.

— Vogliamo sentirli?

Cosí si sciolse il nostro crocchio e i vari gruppi si confusero in-


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