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— Non ho tempo di farmi i vestiti, — scattai. — Sono sempre occupata.
— Vede gente? — mi disse. — Vede questo? vede quello? — non la finiva piú coi nomi.
— Questo e quello, — le dissi, — non pagano di giorno i debiti che fanno di notte. La tale, — le dissi, — quando le scadono troppe fatture, scompare e va a Capri...
— Stupendo, — gridò la bruna, — che simpatici.
La chiamarono dalla folla, qualcuno era arrivato, lei si alzò, scenerò, e corse via.
Rimasi sola con Fefé, che mi guardava imbambolato. Gli dissi: — Lei ha sete, giovanotto. Perché non fa il giro?
Mi aveva già spiegato che il suo sistema di bere era girare ai vari tavoli, riconoscere dappertutto qualcuno e accettare un bicchierino. — Si mescolano gli alcol ma pazienza, — diceva ghignando. — Ballando si sbatte il cocktail.
Lo spedii. Tornò Morelli e mi fece quel magro sorriso.
— Piaciute le dame? — mi disse.
Fu allora che mi accorsi che non m’importava gran che della festa, e mi misi a sfogarmi con lui.
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