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1944 | 275 |
Il selvaggio non è pittoresco ma tragico.
Due specie di selvaggio hai trattato finora. In Nudismo il selvaggio dell’adulto, la campagna vergine, ciò che l’opera umana non ha sinora toccato (e qui si sottintende che un’opera, un rito qualsiasi bastano a giustificare la natura). In Storia segreta il selvaggio del ragazzo, ciò che è lontano, inafferrabile comunque, anche e tanto piú se altri invece lo raggiunge o l’ha raggiunto. (Nei due casi esso è ciò che ci manca, «ciò che non sappiamo»).
Poesia è, ora, lo sforzo di afferrare la superstizione — il selvaggio — il nefando — e dargli un nome, cioè conoscerlo, farlo innocuo. Ecco perché l’arte vera è tragica — è uno sforzo.
La poesia partecipa di ogni cosa proibita dalla coscienza — ebrezza, amore-passione, peccato — ma tutto riscatta con la sua esigenza contemplativa cioè conoscitiva.
3 settembre.
Il fumare è cosa piena di rusticità e di natura. Quel trasformare un’erba secca in fumacchio odoroso, vivo, fertilizzante, non è senza significato. In altri tempi sarebbe presto diventato simbolo (come la pipata del gitce manitu in Longfellow).
4 settembre.
Scrittori importanti che vengono spazzati al passar della generazione. Non accade una critica, un vaglio — ma semplicemente si nega la loro consistenza in blocco. Si condanna qualcosa che è anteriore1 alla loro opera.
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Nel manoscritto leggiamo: anteriore [N. d. E.]. antecedente