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Senz’altrui pena; ed è sano consiglio
Tosto lasciar quel che tener non puoi.
Mir.Oh, se ciò fosse vero, ò s’io ’l credessi,
Care mie pene, e fortunati affanni,
Ma se ti guardi il ciel, cortese Ergasto,
Non mi tacer qual è il pastor tra noi
Felice tanto, e de le stelle amico.
Er.Non conosci tù Silvio, unico figlio
Di Montan, sacerdote di Diana,
Sì famoso pastore hoggi, e sì ricco?
Quel garzon sì leggiadro? quegli è desso.
Mir.Fortunato fanciul, che ’l tuo destino
Trovi maturo in cosi acerba etate;
Nè te l’invidio nò, ma piango il mio.
Er.E veramente invidiar nol dei;
Che degno è di pietà, più che d’invidia.
Mir.E perche di pietà? Er. Perche non l’ama.
Ed è vivo? ed hà core? e non è cieco?
Ben che se dritto miro,
A lei per altro core
Non restò fiamma più, quando nel mio
Spirò da que' begli occhi
Tutte le fiamme sue, tutti gli amori.
Ma perche dar sì pretiosa gioia
A chi non la conosce? a chi la sprezza?
Er.Perche promette à queste nozze il cielo
La salute d’Arcadia. Non sai dunque
Che qui si paga ogn’anno à la gran dea
De l’innocente sangue d’una Ninfa