sì lancie e scudi, e selle, e cervelliere,13
balestre grosse e loro saettame,
guanti di ferro, elmi di ferro, e trulli, 20trabucchi e manganelle.
Dice Zuam Toso: «Il carro, non di concio
credo vi sappia, non di grano, e mosto.
Non uve frante egli portò; sì morti,
grandi, e bei morti, e sente forse il sangue. 25Io l’amo, o genti, ch’io nell’anno nacqui
ch’egli fu fatto. Ahimè! com’egli ha salde
le membra sue di rovere, e di faggio!
Io sono invece canna di palude...
Ma non fui sempre. Non tremiamo al vento 30noi! Come ha scritto il savio Rolandino.14
Dicea mio padre, che Dio l’abbia in gloria,
che Barbarossa minacciò Bologna.
E noi facemmo questo greve carro
per uscir fuori, lenti lenti, al lento 35passo dei bovi; e c’era un grande abeto
in cime all’Alpe, vecchio come Roma:
noi ne facemmo questa lunga antenna,
ch’ei la vedesse; e suvvi la campana;
che pur lontana egli la udisse chiara 40tra il trotto dei cavalli».