Dice il custode dell’Arengo; e i servi
taciti in piedi s’alzano, e del piede
tentano i lombi a gl’indolenti bovi 20che s’alzano soffiando.
E parla il Toso, volto a gli arimanni,
volto ai manenti: «Io vedo ormai più poco.
Ben converrà che il frate mio m’aiuti,
buon uomo e savio: ch’io non son quel ch’ero, 25quando il passaggio feci in Terra Santa.8
Oh! mi ricordo Orso Cazanimici,
Pietro Asinelli, Scappa Garisendi,
pro’ cavalieri: io, piccolo ragazzo.
Io, sì, tornai: niuno tornò, di loro, 30sì che in Bologna ne fu poi gran pianto.
Poi l’altra volta mi crociai9. Ricordo
il Lambertazzo e il Geremeo seduti
placidi all’ombra, all’ombra d’una palma.
Era in Soria. Tenevo io per le briglie 35i due cavalli: si mordean rignando...»
Quivi un biolco avanti trae la coppia
prima de’ bovi, e dice: «Misèr Toso...»
E quei dà luogo, ed esce nella piazza.
Sotto l’Arengo vi son già fanciulli 40con gli occhi aperti al cielo.