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Premesse quindi alcune disposizioni di puro ordine con cernenti il trasferimento degli accusati (articolo 24) e la trasmissione delle carte al luogo dove si fará il giudizio (articolo 25), l’interrogatorio dei detti accusati (articolo 26), il rimando della causa, se fa d’uopo, ad altra Sessione (arti- coli 27 e 22), e le funzioni del presidente (articolo 29), si arriva al punto in cui i giurati entrano in uffizio e vengono ad assidersi nel luogo appartato del tribunale loro destinato ed a prestare ii giuramento (articoli 30 e 31). E qui snuppo- nesi giá composto il giurí che deve conoscere della causa, secondo le disposizioni che sono l’argomento del capo Il, ti- tolo II essendosi giudicato piú conveniente di seguire l’or- dine stesso delle disposizioni contenute nella legge attuale sulla stampa, la quale tratta prima della competenza e del procedimento, ed in appresso dei giudici del fatto.

Prima però di formolare le altre disposizioni di questo capo II, il Ministero dovette proporsi e risvolvere tre princi- pali questioni: la prima che risguarda le circostanze atte nuanti, e per conseguente la posizione delle questioni; la seconda che concerne il modo della votazione; la terza che ha per oggetto il numero dei voti necessario a pronunciare un’assoluzione ad una condanna.

Quanto alle circostanze attenuanti, non ignorava il Mini- stero che in Francia ne fu lamentato talvolta Pabuso, e che uomini di grande autoritá non esitarono di attribuire a sif- fatto abuso il crescere dei reati. Ma, se i giurati debbono ri- spondere non tanto sulla materialitá, che sulla moralitá di un fatto, è mestieri che lo apprezzino da ogni lato e nel suo intiero; e di vero il loro giudizio non sarebbe perfetto se dovessero rispondere sul fatto e sulle circostanze aggravanti inducenti un aumento di pena, e rimanersi silenziosi sulle attenuanti che possono mitigarla.

Piú che l’abuso delle circostanze attenuanti, ché non pro- durrebbero mai l’assoluta impunitá deí reo, fu avviso al Mi- nistero sia da temersi il pericolo di un’improvvida assola- zione, qualora nell’animo dei giurati la pena comminata dalla legge non fosse adeguata alla colpa; perchè, quantunque la legge raccomandi ai giudici di attenersi puramente al fatto, senza misurare le conseguenze della dichiarazione che loro si addimanda, è tuttavia assai difficile che il pensiero dei giu- rati non trascorra alla sanzione penale, alla punizione che pende sul capo del reo.

Fra il sistema ricevuto in Francia che ammette le circo- stanze attenuanti, ed il sistema contrario che lc trascura, si giudicò preferibile il primo; cosí il progetto si accosta alla legge di Francia, per cui il giurí è chiamato a deliberarvi sopra, senza che però il presidente possa delle circostanze attenuanti formulare una espressa questione, e senza che il giuri debba farne cenno riella sua dichiarazione, qualora inon le creda esistenti; tanto che la deliberazione, in tal parte, dei giurati riveste un dicevole carattere di spanta- neitá quando le afferma, e fugge col silenzio quell’odiositá inutile che seco trae una espressa negazione.

Rispetto alla votazione si prese a considerare se i giurati, terminato il dibattimento, potessero insieme ristretti delibe-

‘rare fra di loro, e se dovessero votare apertamente, o de porre in segreto il voto nell’urna.

Del voto aperto si fece altrove esperimento, e fu abbando- nato (1); ma il voto segreto non debbe impedire la delibe- razione, È necessario che i giurati, terminato il dibatti-

(1) L’antico articolo 845 del Codice d’istruzione criminale fu abrogato in Francia colla legge 9 settembre 1835 e nel Belgio colla legge 15 maggio 1838.

mento, abbiano agio a raccogliersi e discorrere tranquilla- mente col pensiero sulle ricevute impressioni; è utile che richiamino alla memoria le cose udite, e si aiutino fra di loro a fermare il vero carattere delle circostanze. Da una pacata discussione sulle prove fornite dall’accusa e sui mezzi deila difesa può elicere una scintilia di vero che rischiari ed illumini le loro coscienze. Deliberato però che abbiano in- sieme, è necessario clie il voto sia segretamente scritto e deposto, affinchè resti libero e scioito da ogni influenza.

Nel Belgio (articoli 18 e 19 della legge 15 maggio 18538) si adottò il sistema che a ciascun giurato sia rimesso un bol- lettino stampato contenente ia formola della dichiarazione, e di sotto alla medesima le parole stampate sí e no, affinchè il giurato vi cancelli la parola no, se vuole affermativamente rispondere, o cancelli il sí, quando la risposta vuol essere negativa. Ma una momentanea distrazione cagionata dalla stanchezza e dalla commozione dell’animo potrebbero per avventura produrre un fatale errore. Il giurato non andrá certamente errato, se dovrá scrivere il sí ed il no, perchè la mente sua sará di necessitá piú intenta all’apera della mano.

Dovendosi poi ovviare al caso in cui nello squittinio si rinvenga alcun bollettino non esprimente un voto, o sia Vergato in guisa da non potersi leggere, si dispone che esso bollettino debba aversi come favorevole all’accusato. Però nel secondo caso vuol essere dichiarato non leggibile da sci giurati almeno, chè questo sarebbe un numero sufficiente a produrre assoluzione; e si deve quindi presumere che il giurato, da cui fu deposto quel bollettino nell’urna, inten- desse a meglio coprire il suo voto.

Intorno poi alla questione del numero dei voti, il Mini- stero deliberò di attenersi alla regola della maggioranza, che, essendo i giudicanti in numero pari, viene a comporsi di sette voti contro cinque; questa, per veritá, essendo la regola comunemente osservata come fonte di morale cer- tezza : quid iudicum maior pars iudicarit, id ius ratum- que esto.

In Inghilterra ed in America si ricerca, è vero, la unani- Mitá dei giudici, e si costringono i giurati a rendere la loro dichiarazione a voti unanimi; per ciò sono rinchiusi nella camera delle loro deliberazioni, e la chiusura è talmente ri- gorosa che non porno ricevere dal di fuori nè cibo nè be- vanda per confortarsi, né fuoco per riscaldarsi, finchè vinti o dalle ragioni, o dalla stanchezza non sieno convenuti in una medesima sentenza. LE

E pertanto quell’unanimitá non è sempre naturale e spon- tanea ; essa è talvolta l’effetto di una morale coazione, per cui una voloniá forte, imperiosa, longanime trae nella sua sentenza la piú debolé; tale onanimitá si riduce’ ati una tran- sazione, ad una capitolazione fra le coscienze, per èui una parte dei giudici consente al sacrifizio della propria opi- nione (1). ;

I} sistema della maggioranza appare dunque il piú ragio- nevole, il piú conforme alla veritá, ed alieno da ogn: fin- zione.

Però, mentre che si dispone (articolo 43) che le decisioni dei giurati, sia contro che in favore dell’accusato, dovranno emanare dalia maggioranza di sefte voti almeno, tostamente si soggiunge che «se i voti saranno egualmente divisi o sul

(1) «Dans le système de l’unanimité on a également è crain- dre la dépravation, l’énergie, la faiblesse, la corruption, la probité, les capitulations de conscience.» Veggasi il discorso intitolato Quvrages sur le Jury nell’opera intitolata Thémis ou Bibliothèque du jurisconsulte, tom. II, pag. 209 e seg.