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sessione del 1853-54


sopra, di far divergere al possibile le due braccia della ferrovia piacentina, d’ingrandire il triangolo, di non chiudersi cen rinterzate linee tra l’Orba e la Scrivia, e di cercar paesi non tentati fin qui dalle locomotive, Ma la vostra Commissione, temendo che col mettere innanzi importunamente questi consigli non si riesca ad altro se non se a ritardare la esecuzione della desideratissima ferrovia piacentina, la quale si sta ancora discutendo, mentre troppe altre già preoccupano i bilanci dello Stato e l’attività delle associazioni industriali, crede suo debito proporvi l’approvazione del piano tecnico adottato dal Ministero, e delle linee in esso tracciate e, che assai più importa, già studiate da tre valenti ingegneri per conto di private compagnie, come ne fanno fede i progetti che, compiuti anche in ogni loro particolarità, vennero rassegnati al Governo, e dal Governo trasmessi alla Presi. denza della Camera.

Rimane però accennare, per non lasciar incompiuta la trattazione dell’argomento, anche un’altra variazione proposta da una società ligure, la quale vorrebbe condurre diritta da Serravalle a Tortona, e di là per Castelnuovo al Po, una linea ferrata che, dando mano alla navigazione eridania, portasse, con nobile economia, le merci dall’emporio di Genova sino alle ultime ramificazioni dei fiumi, dei navigli e dei laghi lombardi. Certo quando era ancora tempo di ponderare e di eleggere i migliori partiti, avrebbe potuto lungamente disputarsi, se migliore di tutte le altre non fosse la linea che tirasse diritta da Serravalle al Po, mantenendosi tra valle di Scrivia e l’infossatura del Curoue, dalla qual linea, come da tronco vitale, avrebbe potuto protendersi il ramo destinato a penetrare io val di Tanaro, e quello avviato verso Piacenza. Ma codesti sarebbero adesso intempestivi rimpianti; e in materia di strade ferrate cioè di milioni immobilitati in guide e stazioni, non si vuol essere corrivi a spostare e rifare. Certo la Commissione non ignora i comodi grandissimi che potrebbe apportare al commercio un buon sistema di navigazione a vapore sul Po e sui suoi confluenti; ma crede fermamente che, sei piroscafi rimorchiatori potranno addomesticarsi colle correnti del gran fiume, non riuscirà loro troppo grave risalire sino a Valenza. Nè sarebbe tollerabile consiglio, per trasportare a petizione delle vaporiere eridanie lo scalo di Valenza venti chilometri più a valle, incagliare e interrompere le linee ferrate da Genova e da Torino alla fron= tiera orientale; tanto più che lo stesso commercio ligurelombardo preferirà sempre alla linea acquea la linea ferrata, e perciò, compiuta la strada piacentina, non se ne staecherà per deviare verso il Po, se non al bivio di Casteggio, dove Veramente sarebbe desiderabile che si costruisse un tronco ferrato fino alla proda del fiume; nel qual caso la navigazione abbandonando l’attuale scalo di Valenza; e, qualora esistesse anche quello di Gerola, verrà ad imbarcare le merci al nuovo scalo più prossimo alla foce del Ticino.

Nen vuol lungo discorso la linea d’Acqui, perchè abbandonata una volta l’idea d’uscir della valle con una strada trasversale, come era quella di Frugarolo, € posto Alessandria .per punto obbiettivo, non rimane luogo a scelta. Ben la ferrovia, senza cambiare la direzione generale, potrebbe, o per cura d’economia costeggiare sempre la Bormida in sulla sinistra, evitando la necessità di gettare alcun ponte sul fiume; Oppure, nell’intento di trovare paesi più popolosi e accostarsi alla valle d’Orba, passar sulla destra della Bormida, il che porterebbe la necessità di ripassare di nuovo sull’opposta riva per giungere ad Alessandria. Ma seguasi l’un ao l’altra traccia, non s’immuta il sistema generale della ferrovia; epperò opportunamente si lasciò libero alla società assuntrice quale delle due variazioni più le talenti eseguire; libertà che, se si fosse lasciata anche per qualche parte delle altre linee, avrebbe contribuito non poco ad incoraggiare la concorrenza degli intraprenditori e dei capitalisti.

Ma anche in ciò la vostra Commissione, per non inframmettere difficoltà e disputazioni che avrebbero cagionati nuovi indugi, volle mostrarsi arrendevole ai desiderii del Governo, che proclamò la necessità di prescrivere, e, come dice la relazione ministeriale, determinare èl tracciamento delle lince nell’interesse generale.

Non così può la vostra Commissione adagiarsi alla classificazione e al coordinamento di esse linee, che nel progetto governativo figurerebbero, quasi a dire, in ordine inverso, essendovi assegnato l’ultimo luogo alla ferrovia da Novi a Tortona, benchè essa sia, come ‘dimostrammo, destinata a compiere e correggere le comunicazioni di Genova colle regioni dove più pressante e più pericolosa è l’ostile concorrenza triestina. Nè trattasi d’una pura trasposizione ordinale che non porterebbe il pregio di spendervi pur una parola, ma sì d’una effettiva posticipazione, imperocchè nell’articolo 66 del capitolato sfa scritto che, dove ai lavori di costruzione della ferrovia di Alessandria a Stradella si dovrà mettere mano, non più tardi di quattro mesi, decorrendi del giorno della stipulata concessione, ai lavori per la ferrovia d’Acqui, si concede il più lungo termine di sei mesi, e a quelli per la ferrovia da Novi a Tortona si consente la proroga d’un anno, La Commissione introdusse nella legge e nell’annesso capitolato le opportune rettificazioni, in forza delle quali, stipulata la concessione, i lavori sulla linea principale da Alessandria a Stradella, e sulla diramazione da Tortona a Novi dovranno essere contemporaneamente cominciati entro tre mesi, e quelli sulla linea d’Acqui entro sei, di guisa che si abbia egual rispetto alla linea più importante pei transiti mercantili e alla linea per attinenze amministrative prediletta dal Governo.

Ora si vuole affrontare una questione che, discussa vivas mente nei vostri uffizi, dava poca speranza di poter essere composta con soddisfazione di tutte le parti interessate. Il Governo, già l’accnonammo, convinto (a usar le frasi stesse della relazione ministeriale) che la linea d’Acqui, come impresa separata, aveva assai poca prospettiva di buon successo, dove invece la ferrovia dei ducati prometteva larghi com» pensi, trovò ovvio congiungere in una sola le due imprese, per ottenerne una compensazione che avrebbe procurato modo di eseguire vantaggiosamente tanto l’una che l’altra,

Questo sistema, al primo aspetto, parve a tutti, e a molti pare tuttavia, poco meno che iniquo. Che il forzato connubio, dicono, giovi alla ferrovia acquese, non è chi ne dubiti; ma come dimostrare che possa vantaggiarsene per alcun modo l’altra linea? Allo stringere dei conti, se la società intraprenditrice perde dall’una parte, come potrà essa ristabilire l’equilibrio, se non pigliando dall’altra? Il che vuol dire che le tariffe pel transito ligure-iombardo-piacentino si avranno a commisurare per modo che, oltre le spese d’esercizio, l’interesse dei capitali e i fondi di riserva e di ammortizzazione della propria ferrovia, dieno anche un sopravanzo da riversare a pro dell’altra linea, la quale non saprebbe reggersi di per sè. Onde il commercio ligure non potrà correre la scorciatoia che ora gli si apre, senza pagare un balzello alla strada d’Acqui, 0, che torna lu stesso, senza allungare a tariffa la via che gli si è invano abbreviata a misura, essendochè ogni centesimo di più al quintale sul tragitto da Novi a Stradella è un chilometro perduto sulla linea divisoria della concorrenza. E non bastava l’aver tanto disfavorita lu strada