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documenti parlamentari


La terza petizione designata col numero 608, procede dal sindaco di San Remo, il quale a nome del municipio esternando il dubbio da questo concepito pel modo in cui si voglia eseguire la futura legge che concederà la riduzione di canone, con farne cioè partecipare soltanto i comuni maggiormente gravati, intenderebbe che fosse dichiarato essere applicabile a tetti i comuni indistintamente tale riduzione onde vi possa prendere parte fa città di San Remo, la quale trovasi onerata dall’assegnatole canone.

La Commissione ha preso a riflettere che i termini in cui è concepito il progetto di legge lasciano aperta la via a tutti indistintamente i comuni per domandare ed ottenere una riduzione, quando questa sia ravvisata giusta, e che perciò la città di San Remo, quando venga adottata la proposta legge, avrà diritto di esporre le regioni su cui credesi fondata ad ottenere una riduzione, e queste saranno giudicate in concorso alle domande degli altri comuni,

Per nessuna adunque delle soprariferite tre petizioni ha creduto la Commissione che possa occorrere alcuna deliberazione del Senato, essendo in facoltà di quei comuni di provvedersi nello vie indicate dalle stesso progetto di legge, ove sia adottato.

L’ultima petizione, descritta col numero 901, fu presentata da buon numero di caffettieri di questa capitale, i quali esponendo sostanzialmente come la imposta speciale stabilità dalla legge del 2 gennaio 1833 trovisi regolata sulla base del fitto, e riesca eccessivamente onerosa a gran parte di loro, a quelli cioè che trovansi di secondo o terzo ordine, imperocchè il consumo e lo smercio che essi fanno delle derrate che si vollero indirettamente colpire con detta imposta non è proporzionato al montare del fitto che sono obbligati a pagare; essi proporrebbero che a vece del fitto si prendesse per base, nel regolare tale imposta, la consumazione dei generi coloniali che costituiscono la parte più importante del loro commercio.

La Commissione, considerando il merito di questa petizione, ha osservato che, sebbene il fitto possa riguardarsi come l’indizio meno incerto per giudicare della entità ed importanza del commercio esercitato dai caffettieri, non può tuttavia contendersi che questo elemento del fitto su cui sono regolate varie imposte che colpiscono tale classe di esercenti, per una parte di essi, li assoggetti ad un peso assai grave,

Non pensa la Commissione che il sistema proposto dai petenti di regolare la imposta sulla consumazione dei generi coloniali sia attuabile, essendo quasi impossibile l’accertare questa consumazione; ma non è aliena dal riconoscere fino ad un certo punto fondate la rappresentanze dei caffettieri, e ravviserebbe come mezzo più accconcio onde provvedere a questi interessi, quello di ridurre la qualità del diritto sul valere locativo per la seconda categoria di detti esercenti.

La Commissione non crede tuttavia di doverne fare oggetto di speciale proposta, e si limita a ciò rappresentare al Ministero onde veda, in occasione dello studio che si dovrà fare per la presentazione di una nuova legge sulle gabelle, se sia il caso di comprendere alcuna disposizione in proposito.

Riassumendo ora le sopra esposte considerazioni per cui si giudicò ammessibile la proposta legge, ho l’onore di proporre, a nome della Commissione, l'adozione pura e semplice della medesima.




Concessione d’una condotta d’acqua da Busalla a Genova.

Progetto di legge presentato alla Camera il 13 gennaio 1854 dal presidente del Consiglio, ministro delle finanze (Cavour).

Signori! — È già da lungo tempo che nella città di Genova si patisce difetto d’acqua così per bere, come per valersene negli altri usi domestici ed industriali; perchè a sopperire a tutti questi usi è lungi che sia sufficiente l’acquedotto che ha origine dal Bisagno e che fa costrutta dall’antico Governo genovese con opere dispendiosissime, e per le epoche in cui furono intraprese e progredirono veramente mirabili.

E questo difetto d’acqua si fa sempre più gravemente sentire, non solamente per la crescente popolazione della città e dei borghi vicini, ma sì ancora pella cresciuta agiatezza comune del popolo, pelle abitudini sociali migliorate col progresso della civiltà, pella perfezionata e più sviluppata industria, per le cure di pubblica igiene fatte più diligenti e premurose in tanti istituti di pubblica beneficenza che onorano quella grande città.

Da qui viene che da molti anni si vada indagando da quali fonti si possano trarre altre acque perenni e copiose per condurle a Genova, e che molti progetti vadansi studiando, e si dispongano associazioni di capitalisti per attuarli.

Era dunque naturale che, mentre si stava per aprire la galleria dei Giovi, la quale con un declive esuberante alla condotta di qualunque misurata quantità d’acqua, mette in comunicazione la valle della Scrivia con quelle del Riccò e di Polcevera, e quindi con Genova a cui soprasta circa 350 metri; era, diciamo, naturale che si presentasse alla mente degli uomini iniziati nell’arte, degli accorti speculatori, e diciamo pur anche degli amici e promotori del bene pubblico, l’idea di profittarne per fare una derivazione dal primo di detti torrenti, a cui non manca in nessuna stagione una notevole quantità d’acqua, per condurla dentro la galleria predetta, e lungo le accennate valli del Riccò e della Polcevera sino a San Pier d’Arena, e quindi a Genova.

Se si guardi all’idea fondamentale che è quella appunto di invertire il corso di Scrivia volgendo una parte delle sue acque dai versante settentrionale al meridionale degli Appennini, deve riconescersi che, quantunque sorta già fosse nella mente di molti, essa fu assai prima che da qualunque altro convertita in formale domanda dal signor cavaliere De-amicis, sindaco di Rivarolo di Polcevera, il quale, fino dal settembre 1849 in una petizione alla Camera dei deputati chiedeva che un corpo d’acqua fosse per cura del Governo distratto dalla Scrivia, e fatto passare pella galleria dei Giovi coi fine di sopperire nei tempi di siccità alla deficienza di quella del torrente Polcevera che animava i molini del suo comune. Questo limitato scopo però, a cui mirava la petizione, parve alla Camera che non meritasse che si menomassero senza compenso gli usi consueti di quell’acqua; onde si passò all’ordine del giorno puro e semplice, e questa petizione non ebbe altro seguito.

L'idea medesima intesa però al più vasto e principale scopo di fornir acqua a Genova, venne per la prima volta presentata con una memoria rivolta al Governo il 15 ottobre 1851, dal signor Domenico Corte, il quale mentre annunciava aver sottomesso antecedentemente la memoria stessa al municipio della città di Genova da cui era stata accolta con molto favore, invocava la facoltà d'eseguire studi per poter conver-