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muni. Dal che ne seguirebbe lo scandalo di vedere i proprie. tari di un compne non pagare la menoma summa a questo titolo, ed i proprietari del comune vicino essere invece col- piti da una sovrimposta piú 0 meno grave. .

Ei è dnnque provato che nemmeno l’interesse dello Stato è sufficientemente garautito dalla legge 2 gennaio 1853.

Nun è quindi a meravigliare che le considerazioni che vi adducenmo conginnte a cuelie desunte dalla mancanza del raccolto detle uve in varie provincie od in una parte consi- derevole di esse, abbiano indotto le rappresentanze e provin - ciali e comunali, non ostante che la tassa attuale per quelle che erano g’á soggette all’imposta sia alquanto minore della antica, ad emettere veti e ad inoltrare ricorsi al Governo ed al Parlamento perchè riformino la legge, e nel frattempo provveggano in modo da esonerarli da quella parte di tassa che sarebbe superiore alle loro forze.

È lieta la Commissione di vedere che il signor ministro delle finanze come non tardò molto a fare ragione alia voce pubblica allorchè unanime giustamente reclamava vna im- mediata riforma sulla tassa oei cereati che s’impartano dall’e- stero, casí sia stato sollecito di prendere l’imziativa per una mo fificazione alla legge sulla gabella, che parimente il paese con insistenza richiedeva.

Se non che mentre sembra d’avere dimostrafo, che gl’in- convenienti che si riscontrano nell’esecuzione di questa legge vè sono totti della stessa natura, nè provengono tutti dalle stesse cause, ina vogliono essere distinti in due di- verse specie, radical gli uni ed intrinseci alla stessa legge, epperò permanenti è duraturi per tutto il tempo in cui im- pererá ta legge, accidentali e temporari gli altri che saranno perciò per cessare quando il cielo si mostri piú benigno ai bostri vigneti, il signor ministro e nc} rapporto e nella di- Sposiliva del suo progetto si restringe invece a lamentare i secondi soltanto, i quali, benchè abbastanza gravi, non sono però i soli che spingano e le provincie ed i comuni ad esporre î loro reclami.

Era quindi ben naturale che gli uffizi chiamati ad emettere il loro avvisa intorno al progetto presentato dal signor mini- stro nella tornata del 2 gennaio prussimo passato procedes- sero piú oltre, ed estendessero le loro investigazioni sui principali vizi della legge che l’esperienza ha piú particolar- mente segnalati. Queste investigazioni li condussero a con- chiudere quasi unanimi che la legge era ineseguibile, e che la si doveva quanto prima riformare,

Ed eccovi il perchè la Commissione vi propone l’articolo primo.

Essa con ciò è ben lungi dal credere che l’imposta della gabella possa cessare col giugno del 1853. Non può, non deve dare questa lusinga al paese. Sulo intendunento della Commissione è che per quell’epoca l’imposta della gabella sia regolata da norme piú razionali di quello sieno le attuale mente vigenti,

lo questa materia il Ministero soltanto è in grado di pren- dere l’iniziativa e di presentare un progetto definilivo, sic- come il solo che possa procurarsi i d’versi elementi indispen- sabili a formularto, quale importanza e la gravitá della ma- teria il richiedono.

SÌ il signor ministro delle finanze che il signor relatore nell’occasione in cui si discuteva la legge 2 gennaio 1852 dichiaravano che la medesima poteva adottarsi in via d’espe- rim: nto soltanto, ed il primo non esitava punto ad affer- mare che dal lato teorico e scientifico voleva a quello della Commissione essere preferito il primitivo progetto del Go- verno,

La Commissione pertanto ba fondata speranza che lo stesso signor ministro appoggierá la disposizione contenuta nell’ar- ticolo primo.

Giá riconoscemmo peccante e difettosa la ripartizione se- guita tra provincia e provincia. Ma ove pure la si volesse ravvisare equa e consentarea ai principii, è però evidente che quando inanca l’oggetto imponibile la tassa vuol essere per necessitá diminuita.

Ma se questa logica conseguenza non può essere da alcuno contestata, ion è parimente agevole cosa il determinare la misura delle diminuzioni da farsi ed il tempe darante il quale debba ammettersi,

Pur troppo pare che le influenze atmosferiche, ie quali vengono da tanto a tanto a rapirci o dimezzarci il raccolto dei nostri campi, non cessino ad un tratto, ma lascino anche per una serie piú o meno lunga di anni avvenire traccia dei perniciosi loro effetti. Triste prova ce ne somministrano ia malattia delle patate ed ii brusone, che per vari anni afflis- sero i nostri coltivatori. E se non è presunzione l’entrare nei misteri delia natura, ci pare che non possiamo avere gran fiducia di vedere in quest’anno piú largo il prodotto dei no- stri vigneti.

Ma quand’anche le speranze e le fatiche delle provincie vi- nifere fossero coronate dal piú prospero successo, la Com- missione non crede possa cessare d’un tratto la deficienza ed il caro del vino,

Una volta che il fondo di riserva è esausto, che il vuoto si è fatto, una raccolta sola, per abbondante che sia, è ineffi- cace ad abbassare ii prezzo sí che diventi normale.

Lo restringere quindi a sei mesi la diminuzione dell’im- posta, l’estenderla anche al solo anno corrente, sarebbe provvedimento affatto insufficiente allo scopo.

Dimostrato d’altronde che i vizi inerenti alla legge 2 gen. naio 1853 non ne permettono l’altuazione secondo il vero intendimento di chi la dettava, ne segue che, anche nel caso 11 piú favorevole che la Commissione augura al suo paese, non potreauno riprometterci di vedere cessati gl’inconve- nienti che cra si lamentano, se non attenuando il peso della imposta,

Né basta qualunque alleviamento; bisogna sia tale da porre in grado e provincie e comuni di pagare il rispettivo loro canone senza grave detrimento.

La misura delia diminuzione dell’imposta vorrebbe essere desunta dalla consumazione operatasi nei sette mesi ultimi scorsi. Ma ben pochi dati, ben pechi cleinenti la Commis- sione ha potute procacciarsi nel breve intervallo di tempo assegnato ai suoi lavori. Se si prendesse a norma l’esazione fattasi dal Governo, la riduzione che essa dovrebbe proporvi sarebbe per apparire non che forte, eccessiva (1). Quella che il Guverno propone, di un decimo cicè, sîa che si riguardi alla biennale mancanza del raccolto, sia che all’altissimo prezzo dei vino, è subito riconosciuta insufficiente.

In questo stato di cose la Commissione crede di servire al- l’interesse delle provincie e dei comuni non che a quello delle pubbliche finanze proponendovi la riduzione del 20 per cento,

Questa riduzione, lasciate intatte le quote a carico delle cittá di Torino e di Genova, che in complesso ascendono a lire 1,936,958, sgraverebbe le provincie di lire 1,140,683, e

(1) Infatti il Governo che per il semestre scorso doveva esi- gere lire 3,830, 186, non aveva al 30 gennaio prossimo pas- sato riscosso che sole live 1,329,204 13, ossia poso piú del terzo,