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Presso di noi da molli secoli è costante l’uso che la san- zione del sovrano si esprima sulle leggi colla firma che egli vi appone, € che viene contrassegnata dai suoi ministri (1).

Le Generali Costituzioni promulgate tra noi nel secolo passato portavano al paragrafo 10, cap. 2, tit. 2, lib. 2, che «tutte le provvisioni che saranno per aver forza di legge, tanto velle materie giuridiche che economiche, come pure le altre che saranno dirette ai magistrati, prefetti e giuJici ri- guardanti L’amministrazione della giustizia, dovranno spe- dirsi per lettere patenti, e non per mezzo di viglietti e de- creti.» ,

E col successivo paragrafo 11 si stabiliva che «tutte le provvisioni che dovranno passare al gran sigillo, oltre il visto del gran cancelliere, avranno quello del controllore generale e generale delle regie finanze, ecc.»

La promulgazione delle leggi si compieva sotto quella le- gislazione col mandate osservatorio, e colla successiva veri- ficazione che praticavasi dai magistrati supremi sotto il nome ora d’interinazione, ora di registrazione.

Questa forma di espressione di sanzione fu continuata dopo la ristaurazione del regio Governo, fuori che al visto del generale delle finanze, ufficio soppresso, si sostituí quello del primo segretario di Stato per le finanze, o di altro fun- zionario capo di un supremo dicastero, il tatto nella confor- mitá espressa negli articoli 4, 3, 6 e 7 del Codice civile vi- gente.

Ora, egli è evidente che dopo lo Statuto le forme estrinse- che che diraostrano la sanzione reale volevano essere modi- ficate, ed uno degli oggetti cui si riferisce la proposta mini- steriale cadente in discussione, essendo appunto il determinare la formola che venga ad «esprimere piú accomodatamente il concorso di tutte le condizioni che sono necessarie per ren- dere la legge esecutoria,» devesi l’anzidetta forma coordi- nare colla lettera e collo spirito dello Statuto.

La firma del Re contrassegnata da un ministro responsabile è quanto si ricerca sostanzialmente secondo quella lettera e quello spivito, se non che vi si aggiunge la necessitá del visto del guardasigilli che vi apponga il sigillo dello Stato.

E quest’aggiunta si giustifica non solamente in vista del- l’uso generale invalso presso tutti i Governi, ma specifica- mente perchè dovendovi essere tra í ministri del Re uno che vegli particolarmente alla regolare forma esterna di emana- zione ed alla pubblicazione delie leggi, questo carico di pro- pria natura si devolve al ministro della giustizia.

Quanto alla promulgazione delle leggi conviene anzitutto avvertire che non è gran tempo chele parole promulgazione e pubblicazione nel senso legale si prendevano per siao- nime, come è facile il convincersene, ricorrendo ai vocabo- lari cosí di lingue ia genere, come di diritto in ispecie, e quindi si confondevano gli effetti propri dell’una e del- altra (2). #;

(1) Nei tempi piú antichi della monarchia di Savoia era uso .

che la legge portasse a modo di sanzione la formola che accen- nava alla presenza del cancelliere e di molti dei principali consiglieri del principe: Per Dominum, presentibus dominis, etc. Nelle occorrenze piú solenni il sovrano approvava la legge con lettere patenti speciali; cosí avvenne, per esempio, nella sanzione della generale riforma degli Statuti fatta da Amedeo VII, 17 giugno 1480; il decreto visi dice: Latin Chemberiaci in castro nostro, ianuis apertis, presente insignium virorum ac populi multitudine, ete.

(2) Per quelli che stadiando le leggi amano di studiare anche la storia, noi trascriviamo qui sotto la formola forse la piú an- tica di promulgazione di un corpo considerevole di leggi che

I) decreto dell’Assemblea Costitnente di Francia del 9 no- vembre 1789 fa quello che atiribui piú chiaramente a cia- scuna delle due parole sopra espresse tn significato proprio, diverso l’uno dali’altro. Esso chiamò promulgazione Patto per il quale il capo dello Stato attesta al corpo sociale l’esi- stenza dell’atto legislativo che costituisce la legge, e pubbli. cazione il modo da impiegarsi onde portare la legge a cogni» zione di tutti i cittadini.

Cotesta distinzione tra la promulgazione ela pubblicazione non è nè vana nè troppo sottile; essa ha in pratica rilevan- tiîsimi effetti.

La promulgazione rendendo la legge autentica, Je infonde la pienezza del suo vigore, e le imprime tutti i suoi caratteri prima ed indipendentemente dalla pubblicazione. Cosí i tri- bunali ammettono gli atti nei quali le parti dichiarano stipu- lare in conformitá di una legge promulgata bensí, ma non an- cora pubblicata (1).

Ma l’esecuzione della legge non è in tal caso che facolta- tiva per la notorietá di fatto ; non vi ha che la pubblicitá di diritto che, cotlo stabilire la presunzione legale della cogni- zione della legge, obbliga di eseguirla, e quella medesima pubblicitá legate conferisce ai funzionari pubblici il diritto, e loro impone il dovere di esigerne l’eseguimento (2).

E tutta questa dottrina si riassume nella distinzione se- guente, che dopo la promulgazione le leggi sono esecutorie, dopo la pubblicazione esse sono eseguite, 0, se meglio piace, osservate.

Premesse queste considerazioni generali sui caratferi in- trinseci ed estrinseci dei quali la legga dev’essere fornita onde porsi legalmente in piena esecuzione tra i cittadini, l’ufficio centrale si fará piú dappresso alle proposte ministe- riali dei singoli articoli.

L’ufficio ha giá indicato la prima di tali proposte concer- pente l’espressione del concorso di tutte le condizioni che sono necessarie per rendere la legge esecutoria.

La formola dichiarativa praticata dacchè è tra noi in vigore lo Statuto, comprende il nome coi titoli del Re ed esprime dopo: «Ii Senato e la Camera dei deputati hanno adottato; Noi abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue, ecc.»

esista nella storia della legislazione italiana; è dessa il capo ultimo delle costituzioni di Federigo II re di Nanoli é di Sicilia. < Ad laudem et gloriam Dei nostri, sub spe divini favoris opus inceptum, et ejusdem gratia prosequente completum, univer- sitas nostra recipiet, qua Augustalis nominis titulo preesi- gnatur in reverentiam serenitatis Auguste et honorem regie dignitatis. Accipite gratanter, 0 populi, constituticnes istas, tam in iudiciis quam extra iudicia potituri. Quas pef ma- gistrum Petrum de Vineis Capuanum, magna curie nostre ludicem et fidelem nostrum mandavimus compilari, nec subse- quentis seculi posteritas presentium constitutionum librum compilasse nos existimet, ut fame tantummodo serviamus, sed diebus nostris temporum iniuriam, quibus iuris lingua subticuit, deleamus, ut in novi regis victoria novella iustitie propago consurgat.

«Actum in solemni consistorio Melfiensi, anno dominice in-’ carnationis MCCXXI, alias XXII_, mense Augusti, indictionis quarte. °

«Insintatum vero mense septembris sequentis, quinta in- dictionis. Amen.» i

(1) Cosí il ministro della giustizia di Francia, nelle discus- sioni sopra il Codice Napoleone. (Processo verbale del Consiglio di Stato del 4 termidoro, anno IX.)

(2) Cosí il consigliere di Stato Portalis nell’ Exposé des motifs del Codice suddetto I. c. (Procès-verbal du 5 ventose, an XI).