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mantenersi scevri di pregiudizi, di qualunque genere essi sieno, s’accorderannn facilmente nel riconoscere che non debbonsi con troppa facilitá scomporre e rimestare le diverse disposizioni di un ffodice per non sturbare quella propor- zione od armonia che regna tra le sue diverse parti, espo- nendosi a produrre, col disordinarne il complesso, un male maggiore del bene che ne avvenga per la riforma di alcune parti.

Ma del pari consentiranno i giusti estimatori delle cose nell’ammettere che o per i casi mutati, o per la sopravve- nienza di altre leggi, si possa, anzi si debba operare muta- zioni parziali anche nei Codici; e questo è affare di circo- stanza.

Cosí la ragione esercita il suo diritto uscendo da quella sconsigliata indolenza per cui, valendoci delle parole del- l’illustre e compianto Pellegrino Rossi: «Les erreurs restent, les abus se perpétuent, le Code demeure intact comme ces

lourdes masses qu’on respecte parce qu’elles effraient de leur .

poids» (1).

Tuttavia, se Ie riforme speciali venissero a confondere l’a- zione dei principii, che, secondo la felice espressione usata pei primo dal lodato Itassi, diconsi dirigenti, od a sturbare gravemente l’economia, 0, per meglio dire, il sistema della penalitá stabilita dal Codice, allora il meglio sarebbe l’intra- prendere la riforma generale, che pure si mostrasse oppor- tuna, che non l’attenersi a ristrette mutazioni.

Posta questa dottrina che varrá a guidarci nelle nostre in- vestigazioni, ufficio centrale ha dovuto convincersi che vi è motivo plausibile a riformare alcune disposizioni del Codice penale per metterle d’accordo con quelle introdotte nella legge posteriore del 26 di marzo 1848 sopra la stampa. Nella dissonanza, come dice il signor guardasigilli, che aperta- mente si scorge tra l’articolo 16 di quella legge e gli articoli 164 e 165 del detto Codice penale, non sembra dubbio che il sistema di penalitá della legge posteriore debba reagire sulla punizione dei delitti d’ugual genere contemplati nella legge anteriore.

E veramente sarebbe una riprovevole anomalia che uno, che per commettere i delitti contemplati negli articoli 164 e 165 del Codice penale siasi servito del mezzo ristretto e sfaggevole della parola, possa andare soggetto alla pena non solo del carcere, del confino e della multa, che sono semplici pene correzionali, ma anche alla relegazione, che è pena cri- minale, mentre chi si è fatto reo di uguali delitti servendosi a ciò del mezzo piú esteso e permanente della stampa, non sa- rebbe colpito che colla pena degli arresti, che è di mera po- lizia, o col carcere non estensibile oltre ad un anno, e con la multa estensibile a lire due mila.

Tutti i canoni alunigue di combinazione legislativa e Pau- toritá che a tutti sovrasta, quella del buon senso, si riuni- scono per approvare in massimo Pidea della prima parte del progetto di legge.

Non possiamo però tralasciare dal far presente al Senato che il disposto dalla anzidetta prima parte del citato articolo attenua grandemente Ja pena surrogata all’antica, e l’at- tenua anche oltre la proporzione che veniva indicata dal mentovato articolo 16 della legge del 26 marzo 1848. Dif. fatti questo articolo stabilisce la pena degli arresti, o del car- cere, e della multa estensibile a lire due mila, laddove la di- Sposizione del progetto limita la pena agli arresti ed alla multa estensibile a lire cinquecento. A fronte tuttavia di tale disparitá, sembra che possa prevalere il riguardo della diffe-

(1) Traité du droit pénal, liv. IV chap, Il.

renza grandissima che passa tra il reato di semplice parola e quello di stampa, e che non sia il caso di ricercare una mag- gior gravezza di pena, purchè l’osservanza della legge puni- trice si mantenga, e colla ferma applicazione della medesima si provveda ad impedire la riproduzione di reati di tal genere che intaccano l’ordine pubblico non meno che Ia santitá della morale.

L’ufficio pertanto accetterebbe del pari la redazione della prima parte dell’articolo primo, quale si contiene nel pro- getto ministeriale.

E qui, anzichè attenersi all’ordine numerico degli articoli del progetto percerrendoli successivamente nel suo esame, l’ufficio crede opportuno di poriare subitamente la’sua atten- zione sugli articoli 6, 7, 8, 9, 10 e 11, che sono come al- trettanti corollari della combinazione del disposto dal Codice penale con quello della legge del 26 marzo 1848, riservan» dosi di prendere in seguito in disamina l’alinea dell’articolo 4, poscia gli articoli 2, 3, 4 e 5, e finalmente l’articolo 12, che formano tre distinte categorie di oggetti, a ciascuna delle quali i vostri commissari credono di dover apporre conside- razioni speciali e diverse.

L’articolo 6, relativo al reato di diffamazione operafa per via di discorsi, fa discendere la pena, che nell’articolo 616 del Codice penale è del carcere estensibile a due anni, e di multa estensibile a lire cinquecento, alla pena del carcere estensi» bile a sei mesi, aggravando ad un tempo la multa, che pone da lire cento a lire mille; cosí questa pena sará uguale a quella stabilita dall’articolo 28 della legge del 26 marzo 1848.

L’articolo 7 agguaglia la pena del Zibello famoso, commesso con mezzi diversi da quelli di cniail’articolo 4 della summen» tovata legge del 26 marzo 1848, a quella per ugual reato or- dinata dalParticolo 27 della legge medesima, e cosí attenua d’assai la penalitá contenuta nell’articolo 617 del Codice pe- nale, che sottoponeva quel reato alla pena del carcere non minore d’un anno, ed estensibile ad anni cinque, e con multa non minore di lire trecento. i

L’articolo 8 concerae alle ingiurie pubbliche, e stabilisce una pena la quale, invece che a tenore del disposto dal Co- dice penale sarebbe, secondo la varietá dei casi, o di carcere estensibile a mesi tre, e di multa estensibile a lire duecento, o di carcere non minore di tre mesi, ed estensibile ad un anno, edi multa non minore di lire cento ed estensibile a lire cinquecento, si riduce, a termini del progetto attuale, agli arresti, ed alla multa estensibile a lire cento per il primo caso, e per il secondo caso agli arresti per un tempo non minore di giorni cinque, od al carcere estensibile ad un mese e con multa estensibile a lire trecento,

Il contenuto in questo articcio del progetto di legge si di- langa dal disposto dell’articolo 28 della legge del 26 marzo 1848, nella parte ragguardante alle ingiurie, la quale, senza fare distinzioni specifiche, come fa il Codice penale, tra ciò che si assomiglia alla diffamazione e ciò che s’accosta al li- bello famoso, stabilisce la pena degli arresti, o del carcere e- stensibile a mesi tre, e di multa estensibile a lire cinquecento.

Non sembra che, posta la convenienza di modificare le pe- nalitá, siavi di che ridire sulla proposta. Bensí non si deve tralasciare di far osservare che in questa disposizione non si è piú tenuto conto del rapporto d’analogia, che, secondo il sistema del Codice, sempre dovrebbe correre tra la qualitá della pena afflittiva e la qualitá della pena pecuniaria; e quindi si sono accoppiate le multe cogli arresti, che non a- vrebbero dovuto andar di paro che colle ammende. Questa confusione si è riprodotta giá piú volte in altre leggi, e non può dirsi affatto indifferente, perchè tende a mutare il pre-