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di un abbassamento di dazi, non verranno quando che sia distarbate da up nuovo intervento legislativo; e che per con- seguenza il mezzo migliore ed anzi il solo mezzo di rimuo- vere 0 di sminuire almeno il pericolo di future penurie sta nell’ ordinare cesí stabilmente le cose dell’annona, che il commercio, sicuro de’ suoi calcoli, trovi il suo tornaconio ad ammassare in egni tempo nei porti dello Stato copiosi de- positi di grani, pronti sempre a spandersi nel paese, quando questo ne senta il bisogno, ma liberi pur sempre di portarsi altrove, quando altrove se ne mostri bisngno piú urgente. Egli è poi troppo chiaro che i vizi che con tanta ragione si appongono al sistema della scala mobile con ragione viemi- gliore si debbono rinfacciare ali’ altro sisienia (se pur sistema si può dire lo andarsi goveraando alla giornata senza regola certa) di stabilire dazi in tempi di abbondanza per sospen- derne poi la riscossione nei tempi di scarsitá ; pvichè queste sospensioni, che altra norma in sostanza non hanno che Par- bitrio dei governanti, cogliendo il commercio alla sprovve- duta, non gli danne agio di fare per tempo le compre, cicè prima che la concorrenza abbia fatti crescere i prezzi dei grani, nè di allestire quel numeroso naviglio che pur gli oc- correrebbe per compiere entro pochi mesi sufficienti impor- tazioni,

Nan è certamente mestieri che noi ricordiamo al Senato come sia avvenuto che, mentre il Ministero nen chiedeva al Parlamento che una riffuzione di dazi sui cereali, il progetto di legge che ora cade in deliberazione propone invece ia to» tale abolizione dei dazi medesimi,

Di questi due partiti quale deve stimarsi migliore? La que- stione, o signori, può considerarsi selto due aspetti ; e a so> luzione non può dirsi compiuta, chi da ambi gli aspetti non l’ abbia con eguaí cura considerata,

Egli è certo che ogni dazio impasto al commercio è per se medesimo un male; che le formalitá, le molestie, le perdite di tempo che ne accompagnano la riscossione, scemano e in- cagliano quella libertá che si vorrebbe poter svineolare del tutto. Nella quistione presente, il mantenimento del dazio sui cereali si trae dietro la difficoltá di ordinare un luogo abbastanza capace di deposito reale, 0 di tollerare gli incon- venienti e le frodi del deposito fittizia: e se pei grani entrati in consumazione il negoziante deve sborsare anticipatamente il montare del dazio, che può salire a piú migliaia di lire, ed aspettarne poi, forse pú niesi, il rimborso, esso deve pure soffrire i ritardi inevitabili cagionati dalla laboriosa e lunga operazione del misurare i grani; finalmente, per quanto sia tenue il dazio, non è dubbio che esso d°bba in fine dei conti essere in tempo di caro sopportato dai consumatori, cioè dalla intiera popolazione, e cosí in buona parte dalle classi meno agiate di essa.

Ma se i dazi sono un male, essi seno pure un male asso- lutamente inevitabile ; nè il commercio medesime, sgravato che fosse di ogni balzello @ sciolto da ogni vincolo di leggio di regolamenti, potrebbe dirsi libero tuttavia. se lo Stato col prodotto di altri dazi ron provvedesse porti cspaci, spien- didi fari e comode strade; e piú che tutto sicurezza al di fuori, tranquillitá e giustizia al di dentro. Ridurre le imposte, e sopprimere le piú nocive, è cosa non pur ledevele, ma ne- cessaria, ma sotto la condizione però che si possano insieme o scemare d’altrettanto le spese, o sostituire alle antiche in- poste imposte novelle egualmente produttive e piú facili a sopportarsi.

Ridurre i dazi di dogana in guisa che, perdendo ogni ca- rattere protettivo, permettano cosí larghe importazioni che lo accrescimento di queste compensi la diminuzione del da-

zio; sostituire cioè una tariffa puramente fiscale alle leggi proibitive od alle tariffe protettrici, ecco il sistema che sotto il nome di Uberlá deyli scambi si propone da tutti gli eco- nomisti; ma nessuno di essi credo abbia mai, non dico pre- dicata la assoluta abolizione delle dogane, ma neppure o- messo mai di raccomandarne la conservazione, siccome di una delle piú sicvre, delle piú proficue, delle piú facili, e delle meno moleste forme di imposta.

Le quali considerazioni tanto piú spontanee e con tanto maggior forza si affscciavano allo spirito di ognuno dei membri dell’ufficio centrale, quanto meno era loro possibile lo igno- rare 0 il dimenticare qual sia lo stato delle nostre finanze, Essi domandavano a se medesimi, se con ia certezza in cui siamo pur troppo che 1° esercizio presente non si chiuderá senza un regguardevolissimo disavanzo, fosse saggio lo ac- erescerne la mole, coll’ abbandono di una entrata sicura di un mezzo milione di lire; domandavano in qual modo si po- trebbe sopperire a questa nuova deficienza ; ricordavano come la sperienza debba averci tu!ti convinti del come sia difficile lo stabilimento di nuove imposte, e piú ancora pe- nosa ed incerta la riscossione di esse, quando giá si sono ve- nute da piú anni ricercando tutte le vie di accrescere le pub - Bliche entrate. Egli è vero, dicevano, che il mezzo milione di dazio sull’ entrata dei cereali sarebbe alla perfine pagato dai consumatori di questi; ma è egli certo che la imposta, qua!ns- que essa sia, chepur converrá che sia a questa sorrogata, non ricada sui consumatori medesimi, e piú molesta e piú grave?

Era quindi unanime l’ufficio centrale nel lamentare il pe- ricolo in cui si trovava condotto di parervi o non abbastanza sollecito de’ bisogni del tesoro, se vi consigliasse di approvare fa abolizione proposta, o non abbastanza praclive a miglio- rare la condizione del povero, se vi suggerisse di ritornare al primitivo progetto del Governo.

Pure, maturamente considerando quali poirebbero essere le conseguenze di questo secondo partito; quale l’impres- sione che neiîe presenti condizioni dell’annona, una tale ri- soluzione potrebbe fare negli spiriti; quali le imputazioni alle quali essa porgerebbe pretesto; quali finalmente i ritardi che ne deriverebbero inevitabilmente, la maggioranza dell’ufficio centrale si risolvette di proporvi di adottare la disposizione principale del progetto di legge come vi verme presentata.

Il progetto nel proporre l’abolizione de’ dazi d’entrata, propone pur quella di tutti i dazi di uscita: questa aboli- zione, rispetto al tesoro, avrá conseguenze molto men gravi che quella dei dazi d’entrata: nè, tolti questi, scorgesi piú ragione alenna di mantenere i primi, i quali altro effetto non potrebbero produrre che di impedire che essi potessero scam- biarsi uscendo dallo Stato contro altri grani di qualitá diffe- rente, piú accenci agli attuali bisogni della popolazione.

Esauste cosí le piú generali considerazioni che si riferi- scono al principio della legge, permettetemi ancora, o si- gnori, che io scenda a dichiararvi succintamente le osserva- zioni alle quali ciascuno degli articoli, di cui il progetto si compone, ba dato Inogo nel seno dell’uffizio centrale.

«Art. 1. Sono approvate le modificazioni daziarie, riguardo ai cereali, sancite coi regi decreti 6 e 27 ottobre 1853.»

Questo articolo non è che la convalidazione degli atti che ii Ministero sotto la propria risponsabilitá sottopose, durante il recesso del Parlamento, alla firma del Re, L’opportunitá di questi atti non parve ail’uffizio potersi revocare in dubbio, ond’esso nulla ba da proporre sull’articolo medesimo.

«Art. 2. Sono abeliti i dazi d’importazione, esportazione, riesportazione (ostellaggio), nonchè i diritti differenziali sui seguenti articoli,