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Savoia aveva corrisposto con tal lealtà e generosità da riscuotere il rispetto da chiunque i! giusto sentire non dismetta, sia egii pure nemico. Ma poiché mancavano per questa parte i documenti desiderati, il vostro ufficio centrale ebbe dal signor presidente de! Consiglio, ministro degli affari esteri, ed interinai mente anche ministro di guerra e di finanze, parecchi schiarimenti verbali, in ordine alle suoamentovate convenzioni. Tali sona, per esempio, ed in primo luogo, il doversi intendere l’articolo quarto delia convenzione militare, dal quale nasce l’obbligo di maìnlenir le corps expédilionnaire au chiffre de quinze mille hommes, in questo senso che saranno tenuti presenti, e quindi non surrogabili, quelli i quali momentaneamente si trovassero negli ospedali dipendenti da quel corpo stesso, nelle cui file dovessero far ritorno: e parimente non doversi interpretare la parola régulier, che ieggesi in questo stesso articolo, laddove si parla del successivo invio dei surrogati ai mancati, ia modo che implichi per parte dei Governo del Re il dovere di fare quest’invio ad epoche fisse e formalmente prestabilite : ed ancora a più chiara intelligenza dell’articolo terzo della convenzione suppletiva, è stato esplicitamente significato, che non solo al primo trasporto delle truppe facienti parte del corpo di spedizione era riferibile il disposto di esso, ma bensì a tutti i parziali e successivi trasporti di truppe che ia necessità della guerra richiedessero, entro i limiti dell’impegno da noi contratto; e non essere, nè posto, nè da porsi in dubbio che non sia al ritorno come all’andata assicurato il benefizio della stipulazione contenuta nelì’articolo summcmorato. Che se poi, secondariamente, noi ci rivolgiamo a quella parte della convenzione suppletiva, la quale più direttamente tocca agl’interessi nostri finanziari, avremo a dire come l’onorevole presidente del Consiglio, a fronte delle interpellanze, e delle obbiezioni che gli erano fatte dai vari membri dell’ufficio centrale, mostrasse fiducia che, aiìoraquando la nostra partecipazione nella presente guerra ci avesse a cagionare un dispendio evidentemente e notabilmente maggiore di quello che erasi creduto potersi ragionevolmente presumere; così come qnando la guerra medesima si protraesse oltre il termine cui sembrano riferirsi le previsioni dell’articolo primo delia convenzione suddetta; dal Governo del Re non sarebbe domandato invano che l’articolo stesso ricevesse tale estensione per cui venisse a corrispondere in miglior proporzione a quel maggior dispendio nel primo caso; o che gli fosse dato un carattere di progressività nel secondo caso. Della quale fiducia il presidente del Consiglio traeva sopra tutto motivo dal carattere delie negoziazioni tenute, dai termini stessi con cui esse erano state iniziate, ed anche da considerazioni che raccomanda l’evidenza d’un interesse comune. Le quali cose tutte nei abbiamo creduto dovervi esporre, e speriamo di avere esattamente riferito. Signori senatori , noi siamo venuti esponendovi prima, con ogni per noi possibile chiarezza e riservatezza, quelle considerazioni che dopo lunga e scrupolosa discussione la maggioranza del vostro ufficio centrate giudicò avere nel loro concorso forza bastante per costituire ia ragione determinante della conclusione cui si trovò invincìbilmente condotta. Noi abbiamo preso di poi ad accennarvi i punti che fermarono l’attenzione dei vostri commissari nel sottoporre che fecero ad un minuto esame i patti iscritti nella convenzione militare, così come quelli che informano la convenzione suppletiva, e nell’una e neìi’altra convenzione alcuni essendovene dei quali unanimemente desiderarono gli uffìzi del Senato che più precisamente si dichiarasse il senso e si spiegassero le conseguenze. Se poi d’un altro desiderio, forse anche più vivamente espresso negli uffizi medesimi, quello cioè che si procurasse ancora di migliorare le condizioni finanziarie che ci erano fatte, noi abbiamo taciuto fin qui, ciò avvenne quantunque ie stipulazioni comprese nei due primi articoli della convenzione suppletiva siano state nell’ufficio centrale ii soggetto di serio e prolungato studio, non che di formati interpellanze fatte ai presidente del Consiglio, ministro dell’estero, e quantunque con ogni più viva sollecitudine si adoperassero i vostri commissari per assicurarsi che la nazione non avesse a sopportare maggiori e più dolorosi sacrifizi di quelli che le attuali prepotenti necessità eia passione dei nostro decoro assolutamente comandano. Ma l’ufficio 3tesso stimò essere miglior consiglio il lasciare al senno squisito di ognuno di voi di giudicare se, come ieri forse sarebbe stato, oggidì sia ancora cosa opportuna e dicevole ii rinnovare una discussione ampiamente svolta in altro recinto, la quale aggirandosi fra sincere ma pure non incontestabili valutazioni, o fra computi non avvaloragli con fatti certi, e con documenti decisivi, non condurrebbe, per quanto si sappia prevedere, ad una risoluzione che tradurre si potesse in termini precisi, positivi, portanti con sè l’immediata pratica ioro conseguenza, mentre un atto perentorio, it quale vince ogni ragione di dubbio che per avventura potesse rimanere negli animi nostri, ci.costituisce fin d’ora in pieno stato di guerra, cui prudenza vuole imperiosamente che con animo risoluto e fermo immediatamente si provveda. Con queste parole noi poniamo fine alia presente relazione, ciie vorremmo ci fosse stato dato di far più degna della dignità dei Senato e della grandezza dell’argomento, ed in nome della maggioranza dell’ufficio centrale vi proponiamo, poiché ci è stala inesorabilmente imposta la parte di relatore, di concorrere col vostro voto a dare forza di legge al progetto che dal Governo del Re vi è stato presentato. Benedica Iddio le nostre armi che noi lealmente crediamo impegnate in una lotta intrapresa per una causa giusta, quale è quella che senza arrestarsi sugl’interessi speciali di questo o di quello Stato, tende a rassodare il fondamento comune di tutti gl’interessi pubblici, a porre cioè su basi più salde e più eque la ragione suprema dell’equilibrio europeo. Trattato d’amicizia, navigazione e commercio fra la Sardegna e ia Sublime Porta Ottomana, conchiuso il 13 luglio 1884, Comunicato al Senato ed atta Camera il 26 gennaio 1855 dal presidente del Consiglio ministro degli affari esteri (Cavour). Signori ! — I rapporti politici e commerciali fra ia Sardegna e la Turchia erano rotti dai trattati 23 ottobre 1823 e 2 settembre 1839. In forza di quei trattali i prodotti della Turchia dovevano essere ammessi nei regi Stati contro un dazio del 3 per cento ad valorem; ma finché la importazione deile derrate turche fu scarsa, quel dazio tanto inferiore, non solo alle tariffe doganali antiche, ma anche alle attuali, non si era effettivamente applicato, e per le importazioni di merci ottomane si continuava ad esigere il dazio comune. Essendo però stata richiesta l'applicazione del dazio stabilito da quei trattati, e grande e continua essendo adesso divenuta l’importazione delle merci ottomane nei regi Stati, si considerò che l’applicazione di quel dazio convenzionale avrebbe privato le