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Relazione del presidente del Consiglio ministro degli iaffari esteri (Cavour) 12 febbraio 1855 , con cui presenta al Senato il progetto di legge approvato dalla Camera nella tornata del 10 stesso mese. Signori! — Le condizioni in cui versa i’Earopa sono tali che non vi è Stato il qaale non abbia in questi giorni a preoccuparsi delle sorti che gli avvenimenti politici possono preparargli. La guerra d’Oriente ha già segnato il posto a quelle grandi potenze che possono decidere dell’avvenire dell’Europa; da un iato noi vediamo la Russia, dall’altro Francia ed Inghilterra. La guerra che si combatte è a difesa dell’indipendenza della Turchia, ma il carattere e la politica delle nazioni che sono in lotta mostrano che è guerra deil’equilibrio europeo, di principii, per cui stanno a fronte libertà e dispotismo. La necessità od il dovere di scegliere tra una parte o l’altra è quindi imposto a tutti i Governi in ragione deìla posizione, della forza, deli’indole ed istituzioni loro. Quale sia la posizione dell’Austria, della Prussia, degli Stati della Confederazione germanica, non che delle potenze secondarie del Nord, voi io conoscete, e ben sapete apprezzare quali ragioni possono determinarle neutrali od a volgersi all’una delle parti belligeranti. La potenza relativa delle due prime, la solidarietà federativa, le condizioni geografiche e politiche delie altre danno ragione delle condizioni in cui possono risolversi, e stabiliscono un confronto tra !a loro posizione e la nostra; e da questo confronto non sarà difficile dedurre la conclusione che, se a ioro può rimanere ancora qualche dubbio a risolversi, !e tradizioni di Casa Savoia e ìa nazionale coscienza a noi segnano la via che senza esitanza dobbiamo battere. Da lungo tempo si preparava quella lotta che doveva dividere l’Europa in due campi; i più profondi statisti, gli uomini i più illustri dei secolo nostro, sì stranieri che del paese, l’hanno pronosticato; gli avvenimenti del giorno giustificano le loro previsioni ; per tutti è venuto ii momento di risolversi ; e noi non abbiamo esitato ad aderire all’invito della Francia e deHTnghilterra. Fra io accettare ed il rifiutare eravi un partito di mezzo, cioè la neutralità ed il temporeggiare, aspettando consiglio dagli eventi. Questi partiti avevano tutti gl’inconvenienti di un rifiuto senza alcun vantaggio; l'isolamento sarebbe stato il primo frutto della neutralità pura ; il sospetto non avrebbe tardat > ad insinuarsi dalla neutralità armata, e non supporremo che siavi chi potesse pensare al disarmamentò. La nostra politica fu già a torto accagionata d’isolamento, e questo nelle attuali circostanze ci condurrebbe necessariamente ad uno scadimento che potrebbe farci scomparire dal campo politico. Il sospetto, giusto od ingiusto, avrebbe condotto le potenze alleate, che ci hanno amichevolmente richiesti di adesione, a non consultare quind’innanzi che l’assoluto ioro interesse nelle presenti e nelle future contingenze. Noi non ci faremo a confortare, con esempi dedotti dalia storia patria e straniera, la nostra proposta ; voi saprete pesare nella vostra saviezza i consigli dell’esperienza pratica e della storia, e noi siamo convinti che vi ispirerete a quelli che sono improntati di quel carattere che non lasciò mai dubbi i nostri principi, quando avessero a scegliere tra ii giusto e l’ingiusto, tra l’onore ed i pericoli, tra una politica di avvenire e quella che misura i giorni e le ore. Nel proporvi di sancire le convenzioni, che sono una conseguenza necessaria del trattalo del IO aprile 1854, noi abbiamo pesata tutta l’importanza di un tale atto. Non abbiamo potuto dubitare di prendere parte ad una guerra che è giusta, perchè comandata dai supremi interessi della civiltà europea, e perchè conforme non meno alia politica tradizionale dello Stato che a quella che 3’ispira ai principii di cui è simbolo la nostra bandiera. Per la convenzione militare noi ci assumiamo l’obbligo di fornire e mantenere un contingente di 15,000 uomini; noi abbiamo creduto che dove sta la bandiera nostra sta il paese e t’oaor suo; e crediamo che il contingente pattuito è corrispondente aiìe nostre forze, alla dignità della nostra cooperazione alla comune impresa. Voi esaminerete Je condizioni colle quali il Governo del Re ba aderito alta spedizione del corpo ausiliario, e speriamo vorrete riconoscere che tali condizioni furono stabilite nell’intento di mantenere al nostro contingente i! suo carattere di nazionalità. Gli oneri sono questi: e quali i compensi? Noi non chiameremo compenso il prestito che ci offre l’Inghilterra; ia causa per cui entriamo in campo non è causa a noi straniera; combattendo per essa noi abbiamo la convinzione di soddisfare a quell’instinto che ci porterà sempre ad abbracciare i partiti che meglio assicurino l’avvenire e l’onore nazionale, e che soli sono degni di un popolo generoso e libero. Signori senatori, noi non crediamo di dover fare con voi più ampie parole ; le ragioni, gli argomenti più poderosi nelle grandi questioni sono spesso i più semplici ed i più brevi, e noi speriamo di far giusto assegnamento sulle vostre deliberazioni affidandoci pienamente a quell’alto criterio, a quella esperienza d’illuminato patriottismo che tanto più vivo si mostrerà quanto è più grave il voto che siete chiamati a dare. PROGETTO DI LEGGE. Articolo unico. Il Governo del Re è autorizzato a dar piena ed intiera esecuzione alla convenzione militare stipulata il 26 gennaio scorso con S. M. la regina del regno unito della Gran Bretagna e d’irlanda, e S. M. l’imperatore dei Francesi, ed alla convenzione supplementaria firmata nello stesso giorno con S. M. britannica. Relazione fatta al Senato il 26 febbraio 1855 dall’ufficio centrale composto dei senatori Ricci Alberto; D’Azeglio Massimo, Gallina, Sciopis, e Alfieri, relatore. Signori ! — L’invito di accedere al trattato di alleanza del 10 di aprile 1854 tra riDghilterra e Francia venne fatto alla Corona di Savoia da quelle due potenze, ed espresso in modo affatto conforme alle buone disposizioni che le potenze medesime avevano in altre congiunture dimostrato per il nostro paese e per 1^,istituzioni che lo reggono. li fatto dell’invito dimostra l’interesse che cotesti Stati belligeranti potevano avere di farci entrare nella lega, ed accenna la misura dei vantaggi che il nostro paese può ricavare dal moltiplicare i rapporti che io stringono agli iniziatori dell'alleanza. Non è a dire con ciò che la risoluzione di entrare in una guerra che può pigliare proporzioni immense non fosse t3Ìe da maturarsi con ogni più attenta e scrupolosa meditazione, e da considerarsi con quella gravità perfettamente istruita e