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che ne difettano, sono veramente tali che richiedano i gravi provvedimenti che si propongono, malgrado le difficoltà che certamente s’incontrerebbero nel procedere alla loro attuazione, ed a fronte di gravissimi inconvenienti cbe si puonno con dolore prevedere, ma non sarebbe possibile di evitare? E questi benefizi non sarebbero per avventura ottenuti assai meglio, qualora il Senato si limitasse ad accogliere quella parte della legge che tende a far contribuire tutte le corporazioni e fondazioni ecclesiastiche a questa spesa essenzialmente ecclesiastica, in giusta proporzione colle loro rendite eccedenti i bisogni di ciascuna? Secondo i computi che dal Ministero s’insiituirono, il beneficio che si ricaverebbe dall’applicazione dell’articolo 18 ascenderebbe alla somma di lire 600,000, e, secondo altri computi che s’instituirono sugli specchi delle rendite ecclesiastiche presentati dal Ministero, un’altra somma di lire 300,000 si potrebbe ottenere, estendendo l’obbligo di contributo a tutte le comunità monastiche, con lasciare a ciascuna di esse pel sostentamento delie persone che la compongono lire 500 per ogni monaco o monaca e lire 240 per ogni laico o conversa. Nel qual modo si avrebbe, se le date notizie sono esatte, l’intiera somma necessaria al pagamento delle congrue parrocchiali, abbandonando per ora la speranza di miglioramenti cbe già si è riconosciuto non poter essere conseguiti per lungo tempo, neppure coll’adozione dell’intiero progetto di legge; si calmerebbero nella massima parte le inquietudini d’un ragguardevole numero di persone e di famiglie, si eviterebbe di impoverire l’asse ecclesiastico con alienazioni per lo meno inopportune, e si darebbe a questa legge ii carattere che meglio le si addice di provvedimento reso necessario da straordinarie ed imperiose contingenze a tutti note. Il proponente non contesta l’importanza delle obbiezioni che si mnorono anche contro questa proposizione; ma chiedendo alia propria coscienza se debbano considerarsi insuperabili, malgrado l’urgente bisogno di provvedere al mantenimento delle povere parrocchie, malgrado le straordinarie contingenze in cui lo Stato s’aggira, egli si sente confortato ad appoggiare col suo voto siffatto provvedimento. Anche considerando il concorso proposto coll’articolo 15 del progetto come una speciale imposta, egli non crede potersi fondatamente affermare che ad esso si opponga l’articolo 25 dello Statuto, secondo il quale tutti i regnicoli contribuiscono indistintamente nella proporzione dei loro averi ai carichi dello Stato. Senza dubbio cotesta disposizione dello Statuto si opporrebbe fortemente ad una speciale imposta che avesse scopo diverso da quello per cui s’intende di provvedere con questa legge; ma il sopperire al mantenimento òei parroci, che intieramente si consacrano alla cura delle anime ed al servizio della Chiesa, piuttosto che un carico assoiuiamente dello Stato, è tale un peso a cui le rendite ecclesiastiche debbono necessariamente sottostare, allorché lo Stato più non trovasi in grado di conlinnare a farlo suo. Epperò la natura del carico e la santità dell’uso, a cui sono esclusivamente destinati i contributi richiesti dalla proposta disposizione, sembra cbe possano bastare a liberarla da quella macchia d’illegalità e d’ingiustizia che senza di ciò avrebbe certamente. L’esempio dell’imposta sulle manimorte, la giustizia della quale fu pienamente riconosciuta, sembra al difensore di questa opinione poter essere invocato con molta opportunità a sostegno di quella che ora si propone da! Governo, posciachè, cosi l’uua come l’altra, trovano speciale fondamento ne!!? condizione propria degli enti, ai quali si debbono applicare. Perchè ia speciale condizione degli enti morali che diconsi manimorte li rende esenti da certi diritti effe il pubblico erario riscuoterebbe se i beni da essi posseduti si trovassero in altre mani, si riconobbe giusto che essi soggiacciano ad una speciale imposta : e perchè la condizione degli enti morali religiosi più specialmente li chiama a contribuire, in proporzione delle loro forze, nelle spese di culto che Io Stato non è ora in grado di sostenere, sembra doversi trovare giusto egualmente che loro s’imponga questo speciale contributo. E non pare che a farlo respingere valga quel vizio di imposta progressiva che si rimprovera all’articolo 15 del progetto, imperocché senza ripetere ciò che altre volte si disse all’opportunità di recenti imposte dal Senato adottale, malgrado l’appunto di simile difetto, giova anche a questo proposito ricordare, che qui non si tratta d’imporre un carico soggetto alle regole generali delle imposte, ma si unicamente di far pesare un onere di sua natura ecclesiastico su tutti gli enti morali religiosi, in proporzione delia loro attitudine a sostenerlo; e questa proporzione sembra doversi considerare moderata, posciaehè pei maggiori contribuenti il contributo debbe pesare soltanto su ciò che avanzi dopo che siasi provveduto ai relativi bisogni di ciascuno. Oltre di che, ammettendo in massima ii contributo obbligatorio, il commissario che io consente sarebbe disposto ad accogliere qualunque modificazione che tendesse a renderlo più equo, senza compromettere lo scopo che si ha in mira, di raccogliere quanto basti per sopperire alia spesa di cui si fratta. E finalmente egli non crede che ai proposto contributo si oppongano così fortemente, come può sembrare ad alcuno, gli argomenti che si traggono da che, non la massa dei beni posseduti dalla Chiesa nello Stato, ma bensì solamente i singoli benefizi od altri stabilimenti ecclesiastici, siano dalia nostre leggi riconosciuti individualmente quali distinti proprietari, cosicché si abbia violazione di proprietà qualunque volta dalle rendite di uno alcun cbe si toglie per darlo ad un altro. L’esistenza di molti enfi morali l’ano daìl’aliro distinti, che tutti, secondo le nostre leggi, hanno diritto di godere dei beni loro propri, non sembra opporsi a che questi enti distinti costituiscano nello Stato una naturale associazione che la legge accenna sotto il nome complessivo di Chiesa, cosicché tutti concorrano al conseguimento de! comune loro scopo, il quale, senza dubbio, debb’essere i! provvedere ai bisogni della Chiesa e del cullo cattolico dopo che ciascuno abbia provveduto ai bisogni suoi propri. A questo modo di considerare gli enti morali ecclesiastici, sono consentanei gii assegni che per i’addietro si fecero ad uno sopr’altro benefizio, ed è consentaneo ii concorso che sarebbe con questa legge prescritto. Pel quale concorso non è veramente che ad uno si tolga per dare ad un altro, ma a tutti si domanda egualmente di contribuire, ciascuno secondo le sue forze, in una spesa che a tutti è comune, come io scopo a cui tende. Conchiudendo, il quinto commissario: o) Rigetta il progetto di legge nella parte che abolisce enti morali ecclesiastici e dispone dei loro beni. b) Ammette invece quella parte de! progetto che stabilisce una imposta, ossia contributo obbligatorio, la quale potrà essere modificata ed estesa in seguito al rifiuto delle disposizioni abolitive. In seguito a questo voto, ed atteso che i due membri dell'ufficio centrale opinanti per l’adozióne della leggo nrodlfi-