Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/114

Relazione del ministro di grazia e giustizia (Radazzi) 9 marzo 1855, con cui presenta al Senato il progetto di legge approvato dalla Camera nella tornata del 2 stesso mese. Signori! — li progetto di legge perla soppressione eli comunità religiose e di alcuni stabilimenti ecclesiastici con altri provvedimenti intesi a migliorare la condizione dei parroci più bisognosi dello Stato, che ho l’onore di sottoporre alle vostre deliberazioni, fu sì lungamente e profondamente discusso neita Camera dei deputati, e le singole sue disposizioni furono talmente dibattute, che io non mi estenderò a riprodurre i motivi già resi di pubblica ragione, che provano e la competenza della podestà civile a portare questa legge e la intrinseca giustizia, non che la opportunità della medesima. Dirò solo brevemente, accennando alle somme ragioni per cui il partito della legge riuscì vincitore nella Camera elettiva a sì grande maggioranza, che alla podestà civile non si può contendere, nè la facoltà di sovranamente disporre senza dipendere da alcun altro potere intorno al regime dei beni destinati ad usi ecclesiastici, perchè si tratta di materie puramente temporali, nè la facoltà di togliere la personalità civile agli enti morali, alle manimorte, che sono una mera creazione della legge e non hanno altra ragione di esistere nel seno della società civile, tranne la volontà del sovrano potere, che le conserva in vita finché ne reputa utile e conveniente la conservazione ; ond’è che, rivocando la fatta concessione, lo stesso sovrano potere opera nei termini di sua competenza, e quindi i provvedimenti inclusi in questo progetto di legge da! lato della legittimità sono inattaccabili. La intrinseca giustizia della legge è del pari innegabile a ragione del bene morale ed economico che è destinata a produrre. Il bene consiste nella soppressione, sia delle comunità religiose che hanno cessato di produrre quelle sociali utilità chele resero meritevoli nei tempi andati, riservate però quelle fra le comunità che non cessano di essere effettualmente profittevoli, sia di certi ecclesiastici stabilimenti che non sono punto necessari alla religione, e che, senza edificare gran fatto i popoli, consumano una gran parte delle rendite ecclesiastiche che potrebbero servire al sostentamento di tanti parroci che lavorano operosamente a prò dei fedeli e diffondono salutevolmente le massime del vangalo. Il vantaggio consiste ancora nel rendere all’agricoltura ed al commercio un’ingente massa di beni terrilorioli che aumenteranno la ricchezza nazionale; nel cessare di quella mendicità ordinata che, invece di edificarle, è di aggravio alle popolazioni, massimamente rurali; nell’impedire che in mezzo a tanta sociale attività uno sterminato numero di persone viva oziando; ed infine nel sollevare le finanze dal carico di dover sopperire in ogni anno con ingenti somme ai sostentamento di una parte de! clero. Il quale sollievo che si vuole procacciare alle finanze se non bastasse da sè a giustificare la legge, basterebbe certamente al riguardo di un asse ecclesiastico talmente cospicuo il lroppo ineguale riparto delle sue rendite. Sia pure che lo Stato debba soccorrere i ministri necessari della religione, e concorrere nelle spese del culto quando alla Chiesa vengano meno i mezzi del loro mantenimento; ma quest'obbligo dello Stato non può essere per sua natura che sussidiario ; e se lice in queste materie argomentare per analogia dai precetti della ragione civile, lo Stato non è tenutoa dare tali sussidi, in forza del principio per cui gli alimenti non sono mai dovuti che in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle sostanze di chi deve somministrarli, E quindi sarà evidentemente giusta la legge che ridurrà la Chiesa nella condizione di dover bastare a se stessa colle rendite di cui trovasi largamente dotata. La opportunità delia legge emerge non tanto.dallo stretto bisogno di sollevare l’erario da un indebito carico, e dalia già deliberata ommessione nel bilancio delle lire 928,412, che nei passati anni venivano stanziate per fornire di congrua i parroci più bisognosi di terraferma, quanto dall’assoluta convenienza di sancire senza maggiori indugi una legge per molti rispetti necessaria. invano, o signori, gli oppositori pretendono che sia questa una legge contraria all’articolo 1 dello Statuto. Da ciò che ia religione cattolica apostolica romana fu dichiarata la sola religione dello Stato, non si può certamente inferire che la podestà civile abbia cessato di essere autonoma, rinunciando al suo diritto, inalienabile per natura, di prescrivere leggi, nella sfera delle cose temporali, agli enti ecclesiastici che esistono nello Stato. Invano si dice che la soppressione delle comunità religiose venga ad impedire la libertà che hanno i cittadini di associarsi fra di loro. Questa legge non può e non intende prosciogliere i religiosi che usciranno dal chiostro dai vincoli spirituali a cui si trovano costretti inforza delia professione religiosa ; che anzi non sarà mai vietato ai religiosi ed alle monache delle comunità soppresse di associarsi e riunirsi per uno scopo religioso e di convìvere se vogliono, ben inteso che tali associazioni andranno soggette ognora alle leggi politiche deilo Stato. Vanamente ancora si oppone che questa legge sia pregiudiziale ai diritti delle persone. I religiosi e le monache che usciranno dai chiostri, oltreché saranno restituiti nel pieno godimento dei diritti civili che perdevano mediante la professione religiosa, otterranno una discreta pensione proporzionata alla loro età; ed invece della pensione potranno eleggere il conseguimento della somma pagata entrando in religione. Il diritto agli alimenti, finché avrebbe durato la comunità religiosa a cui vennero aggregati, è per verità il solo diritto che possano allegare i religiosi e le monache a cui viene, a titolo appunto di alimenti, assegnata la pensione; perocché non si potrebbe seriamente difendere la tesi che i membri di una comunità religiosa abbiano potuto acquistare alcun diritto, alcuna legittima aspettazione relativamente alla proprietà dei beni della manomorta. Oltre a ciò la legge convenevolmente provvede alla sorte dei possessori dei canonicati e degli altri benefizi che rimangono soppressi, soddisfa largamente alla ragione dei patroni e provvede inoltre al giusto adempimento dei pesi di ogni maniera ordinati dai fondatori. Invano finalmente si obbietta, con poca moderazione di linguaggio, che questa sia una legge spogliatrice e lesiva del diritto di proprietà, perchè le manimorte nei loro rapporti colla suprema podestà civile non hanno che una personalità fittizia, che essa podestà può conservare o distruggere, e che perciò rimane subordinata agli interessi generali dello Stato, e conseguentemente le loro proprietà puonno essere modificate in ben altri modi che non quelli degli individui. Per alb a parte le finanze, in virtù di questa legge, non verranno a conseguire altro beneficio, tranne quello di essere esonerate dal peso di concorrere al mantenimento dei parroci. Le rendite ecclesiastiche saranno accomunate e più