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tornata del 2 giugno 1848



colo; e fa marariglia il vedere quei nostri contingenti, che pochi mesi or sono, tranquilli sen vivevano alle case loro occupati soltanto nelle domestiche loro faccende, spinti da patrio amore, e guidati da intrepidi ufficiali, divenire non che soldati, eroi.

Ma, signori, spettacolo non men bello e commovente si è pure il vedere un Re co’ suoi figli prodighi tutti del sangue oro a pro della comune patria Italiana, a pro d’un popolo che rivendica i diritti imprescrittibili della nazionale sua indipendenza. Ardua sarà l’impresa nostra: ma Re, soldati e popolo confidano in Dio, perchè tutti sappiamo che giustizia sta con noi, e che propizio sarà il Cielo alla causa saîila che intrepidi tenacemente difenderemo.

Ma, signori, i mezzi di cui l’esercito può ora disporre, sono eglino sufficienti allo scopo volato? Io nol credo, ed è appunto per questo che bramerei sottoporre alla Camera ed ai ministri alcuno osservazioni. — In prima sui mezzi di cui il Governo potrebbe disporre, quindi sul bisogno imperioso che esercito nostro ha di poderosi rinforzi, se pure vuolsi che compiere egli possa i destini a cui è chiamato. — Qualora la Camera mi permettesse di sviluppare le mie ragioni, io subito entrerei in materia. (Assentimento).

I numerosi nostri battaglioni di deposito e di riserva (niente meno che 38 battaglioni) ovunque essi si trovino, in Piemonte od in Lombardia, non sono tuttora organizzati a modo di guerra, cioè in reggimenti, brigate, divisioni. lo propongo che lo siano immediatamente, quindi tosto inviati all’esercito.

Se l’esercito nostro sull’Adige avuto avesse per tempo un simile rinforzo, avrebbe con piena sicurezza potuto operare sulla ripa sinistra del fiume, e certamente niun soccorso austriaco entrato sarebbe in Verona.

Signori, soltanto quando l’esercito nostro potrà operare con vigore sull’una e sull’altra ripa dell’Adige, la guerra potrà avere pronti e felici risultamenti, Egli è adunque indispensabile di mettere l’esercito nostro in grado di così potere operare, — Il giorno che 20 mila Piemontesi inviare si potranno in soccorso di quei piccoli corpi che ora valorosamente combattono nello Stato veneto, saranno tosto quelle valorose provincie sgombre d’Austriaci e sicure da ogni scorreria nemica. Radetzky più non riceverà soccorsi, e (salvo le 3 fortezze che tutti sanno) libero affatto sarchbe il suolo Italiano dalla presenza del nemico; unico scopo questo al quale dobbiamo tendere in ogni maniera, prontamente, incessantemente, anche a costo d’ogni sacrifizio.

Signori, persuadiamoci bene essere le forze messe in azione sul campo di battaglia quelle che decidono delle giornate campali; come pure le sole forzo in attività sul teatro della guerra sono quelle che servir ponno alle combinazioni strategiche di chi comanda.

Battaglioni alla spicciolata; stanziati nelle loro guarnigioni, gravitano bensì sol pubblico tesoro, ma non hamno essi l’influenza sui destini della patria, se non quando formati a reggimenti, brigate e divisioni, possono muoversi come un corpo solo, e muoversi in quella sfera d’azione che ragione vorrà.

Alla volta adunque del campo in riva all’Adige siano inviati i nostri 38 battaglioni di deposito e di riserva, e tosto, senza perdere un minuto di tempo, chiamati siano sotto le armi le cinque altre classi di riserva che tuttora trovansi alle case loro; e queste cinque classi egualmente composte a reggimenti, brigate e divisioni formino una vera armata di riserva.

In simili circostanze vorrei pare che Ispettori generali visitassero ogni poco i singoli battaglioni, là dove questi trovansi stanziati, onde attivare il servizio, sormontare ogni difficoltà, e correggere i molti e molli abusi che forse esistono in mezzo a loro.

Signori, scuotersi fa d’uopo, e non credere che le faccende nostre siano per felicemente ricomporsi quasi che da per loro. Prudenza vuole che ogni cosa da noi sì prepari come se fra pochi giorni numerosi austriaci scendere di nuovo dovessero in Italia. E ricordiamoci bene che salvo il coraggio (e certamente l’esercito nostro ha dato splendide prove del suo), nulla in guerra havvi di più prezioso che il tempo. Non perdiamolo adunque in vane difficoltà, o vane parole: tutto quasi si supera al mondo quando si vuole fortemente, tenacemente. Pensiamoci, o Signori, giacchè si tratta niente meno che della nostra nazionale indipendenza e libertà. Essere o non essere, ecco tutta la quistione per noi.

Armi adunque, mezzi di finanza e forte militare organizzazione; tutto sia apparecchiato, e dal Ministero o da noi, a comune salvamento. E si rammentino i ministri che potranno bensì essere incolpati di non avere chiesto abbastanza; giammai per avere chiesto di troppo.

Molto già il Ministero della guerra ha fatto; non vi è dubbio. Moltissimo, in particolare per alcune armi speciali, e l’artiglieria nostra se in campo ha dato così luminose prove d’intelligenza e di coraggio, nell’arsenale qui in Torino non ha dato minori prove d’intelligenza e di operosità. Essa ba veramente fatto miracoli. Ma vorrei pure che miracoli si facessero in favore dei nostri depositi e delle nostre riserve di fanteria; giacchè nell’infanteria, non nelle armi ausiliarie, risiede la principale forza di un esercito.

Organizzateli adunque per la guerra e subito tutti questi nostri battaglioni stanziati qua e là in Piemonte ed in Lombardia così alla spicciolata; quali ora essi si trovano, a nulla o a molto poco servire potrebbero, se una qualche disgraziata fortuna di guerra toccasse all’esercito nostro.

Signori, non sprechiamo il tempo, e non rimandiamo alla domane quello che oggi si può fare, giacchè, giova ripeterlo, nelle faccende. di guerra, un ritardo qualunque può talvolta essere cagione d’irreparabili disgrazie.

Mettiamo adunque il nostro esercito in istato di potere compiere i destini a lui dalla Patria affidati. Possa quindi la storia che già a noi diede il nome glorioso di Custodi delle Alpi, darci un giorno quello più prezioso di Liberatori dell’1talia (Approvazione generale).

il presidente dei consiglio dei ministri accetta gli elogi dati alla nostra artiglieria che egli chiama divina; afferma che se i battaglioni di deposito e di riserva non furono spedili prima non è sua colpa, e prega che la Camera gli consenta di non dire da chi la partenza sia stata impedita. In quanto alla loro organizzazione dice avere trovato difficoltà per potere raccogliere gli ufficiali necessari a comandarla. Ora essere venuto dal campo ieri 0 ieri l’altro ordine di spedirli, ed averli spediti. In quanto ai nuovi contingenti da chiamarsi, egli spera che quella chiamata, stante la nuova giunta ieri dal campo, non sia più necessaria.

valerio dice aver udito dal presidente del Ministero che l’ordinamento dei battaglioni di riserva andò a rilento per la mancanza degli ufficiali; ora constargli che avrebbersi potuto impiegare a ciò molti dei militari che furono destituiti nel 1831, 1821 e 1835 che offerentisi alla santa guerra furono respinti e non furono ammessi ai gradi loro dovuti, ond’è che la patria privavasi così dell’opera di molti valorosi, provati per amore alla causa Italiana c per perizia militare; egli invita il ministro ad usare maggiori riguardi verso quelli che hanno