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TORNATA DEL 22 MAGGIO 1848


PRESIDENZA DEL PROFESSORE MERLO VICE-PRESIDENTE


SOMMARIO. Mozione del deputato Sineo sui casi di Napoli, e proposta del deputato Ruvina - Relazione e discussione del progetto di legge per l’unione di Parma e Piacenza Lettura del progetto di legge del deputato Brofferio per la liberazione dei condannati in via economica - Sorteggio di elezioni.


IL PRESIDENTE annunzia aperta la seduta alle ore dodici e mezzo.

FARINA segretario dà lettura del processo verbale della seduta antecedente.

(La Camera approva dopo però essersi rettificato il numero dei Comuni che non presero parte all’elezione del collegio di Pont, che per mera svista erasi notato di quattro invece di tre).

DE FORAX presta il giuramento.

IL PRESIDENTE dà lettura alla Camera delle seguenti lettere:

1.º Del sig. Gautieri Gaudenzio, il quale nel chiedere un congedo di giorni quindici, necessario per ristabilirsi in salute, annunzia avere scelto di rappresentare il collegio di Novara, sua patria, a vece di quello di Biandrate.

(La Camera gli accorda il richiesto congedo);

2.º Del Principe della Cisterna, il quale chiede scusa di non aver potuto prima dichiararsi per l’accettazione o rifiuto del mandato di Avigliana, per essere stato nominato Senatore anteriormente, e di non aver ottenuta, benchè implorata, dal Ministero dell’interno la dispensa da tale carica;

3.° Del generale Durando, che opta per il collegio di Mondovì a vece di Garessio;

4.° Del cavaliere Baudi di Vesme, il quale, eletto dal terzo collegio di Sassari e dal secondo di Iglesias, sceglie questo ultimo;

5.° Del conte Moffa di Lisio, che opta per Brå, sua patria, invece di Canale;

6.º Del marchese Damaso Pareto, eletto a Rivarolo Ligure e Gavi, che opta per il primo;

7.º. Del signor Carquet, eletto a Moutiers e Bourg-Saint Maurice, che sceglie quest’ultimo.

Indi accenna che la Camera, a termini del Regolamento, dovendo avere di quando in quando un’idea sommaria delle petizioni presentate, invita il segretario a darne lettura.

(Verb.)


MOZIONE SUI CASI DI NAPOLI


SINEO. Nella dolorosa situazione in cui trovasi una parte della Penisola, mi pare che le prime parole che si debbono pronunciare in questa Assemblea, vogliono essere parole di dolore, di compassione, di sdegno.

Propongo che la Camera dia segni esterni della sua mestizia e che i deputati vestano per otto giorni gli abiti del lutto.

Tullo ciò che sentiamo in noi pensando ad una eletta parte della patria nostra, lo sentiamo tutti egualmente; non tenterò quindi di esprimerlo in questa Assemblea, perchè le mie parole eccederebbero forse i limiti del decoro parlamentare; chiedo soltanto che la Camera dimostri il sentimento da cui è animata col dare qualche segno esterno di lutto e di tristezza.

RADICE. Solamente pei morti dobbiamo noi vestire a lutto. Ma la libertà non è morta in Napoli. Bensi cingiamoci di mirto, vestiamo il colore della speranza. La libertà Italiana, battezzata nel sangue dei nostri concittadini Partenopei, sorgerà tosto più bella dal suo letto di dolore.

È vero, le vendette di Medea, i delitti degli antichi Pelopidi appaiono fanciullaggini al cospetto delle nuove vendette, dei scellerati nuovi tradimenti del Borbone napolitano. lo dunque chiamerò alla Camera, a questa nostra prima Camera Italiana, perchè getti dal suo seno un grido di esecrazione, un grido che cada come spavento sull’anima del truce tiranno, dell’incendiatore delle sue città, dello scannatore del suo popolo (Prolungati applausi).

RAVINA. Onorandi colleghi. Essendo io deliberato di sottomettere alla sapienza vostra una proposta che mi vien suggerita dalle recenti luttuose calamità di Napoli, voi vedrete se questa sia opportuna. Ecco la mia proposta.

Considerando che Ferdinando Borbone, tiranno di Napoli, dopo di avere crudelmente e nefariamente regnato per lo spazio di molti anni, costretto finalmente dalla qualità dei tempi a concedere uno Statuto politico alla nazione, scelse il giorno medesimo che si doveva inaugurare per mandare ad effetto il più nefando dei tradimenti già innanzi premeditato, e per fare del fiore del popolo napolitano un’orrenda carneficina, trucidando barbaramente col ferro e col fuoco gran parte di quella generosa popolazione senza distinzione di grado, di sesso, nè di età;

Considerando che già per lo innanzi, col suo maligno e proditorio temporeggiare, egli aveva chiaramente manifestato di favorire la causa dei barbari oppressori d’Italia, e di avere intelligenze coll’inimico comune, invece di adoperarsi con tutte le forze del regno per la liberazione della comune patria, come gliene incombeva strettissimo e sacro dovere; Considerando che sommamente importa alla salute ed all’onore d’Italia tutta di essere purgata dall’abbominazione di così efferato mostro di crudeltà, e di liberare da un giogo sì vituperoso ed atroce una parte cotanto eletta dell’Italiana fa miglia, affinché tutti possiamo rivolgere concordi le armi ed i consigli alla difesa della comune patria pericolante, qualora essa nutra nel suo seno Principi scellerati e traditori;

Considerando finalmente essere non solo un diritto, ma un