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documenti parlamentari

ufficiali che loro sono preposti; e non si sono iscritti in tale categoria se non se i funzionari che in ragione della loro posizione e del loro grado possono recare il più utile ed il più indipendente concorso al Parlamento.

Questa riforma sì connette e si completa con un’altra proposta ordinata al fine di ridurre ad un solo quinto del numero totale dei deputati quello dei funzionari ed impiegati di qualunque categoria che possono essere ammessi nella Camera, e nel fare questa riduzione reclamata in tutti i paesi liberi, si è creduto ancora, al fine di ovviare ad inconvenienti già lamentati, dover limitare, nell’interesse dell’amministrazione della giustizia ed in quello del pubblico insegnamento, il numero di coloro che nelle categorie rispettive possono assumere contemporaneamente il mandato rappresentativo nel Parlamento.

La presenza dei pubblici ufficiali nell’Assemblea eletti non ha mai, presso noi, scemato in modo alcuno l’indipendenza parlamentare. Il paese ha avuto in essi mai sempre un tributo di utili cognizioni pratiche e l’esempio di egregie virtù civili. Nella riduzione del loro numero si vuol quindi scorgere prima un omaggio reso ai principii dell’ordine costituzionale, che un provvedimento diretto a rimuovere un pericolo che fortunatamente presso noi non si è mai appalesato.

Alle incompatibilità che la legge stabiliva tra certi uffizi ecclesiastici e le funzioni parlamentari, il vostro Consiglio propone di aggiungere quelle che la giurisprudenza della Camera in esplicazione della legge stessa hà già stabilite, e ciò al fine principale di far scomparire per sempre dall’arena politica i dibattimenti irritanti che con iscapito della religione scemano nelle coscienze il rispetto dovuto al caraytere delle persone che ne sono comechè involontariamente la causa o l’oggetto.

In tutte le altre sue parti, se se ne tolgono una leggiera modificazione tendente a tutelare sempre più la libertà dei suffragi ed alcuni emendamenti di puro ordine esteriore, la legge proposta altro non è che la riproduzione testuale quella che ba finora governato le nostre elezioni. Non sarebbe stato savio consiglio il cangiarne la forma, poichè, spogliandola del carattere che le imprime la lingua e lo stile in cui fu originariamente dettala, si sarebbe per avventura diminuita la riverenza onde, dalla sua origine, fu nello spirito dei vostri popoli circondata.

I cambiamenti che si recano a questa legge coi proposti emendamenti non faranno che renderla più sacra alla nazione, la quale sa di avere in voi il mallevadore più fermo ed il custode più vigile dei suoi diritti, e va convinta che voi, o Sire, non avreste mai permesso si toccasse al tesoro delle sue libertà se non per accrescerle e per sempre più assicurarne il regolare e progressivo svolgimento.

VITTORIO EMANUELE II

ecc., ecc., ecc.


In virtù dei poteri straordinari a noi conferiti colla legge 25 aprile 1859;

Sulla proposizione del ministro dell’interno;

Sentito il Consiglio dei ministri,

Abbiamo decretato e decretiamo:

TITOLO I.

delle condizioni per essene slettone, e del domicilio politico.


Art. 1. Ad essere elettore è richiesto il concorso delle seguenti condizioni:

1° Di godere per nascita o per origine dei diritti civili e politici nei regii Stati. Quelli che nè per l’uno, nè per l’altro degli accennati titoli appartengono ai regii Stati, se tuttavia Italiani, parteciperanno anch’essi alla qualità di elettori, sol che abbiano ottenuta la naturalità per decreto reale e prestato giuramento di fedeltà al Re.

I non Italiani potranno solo entrare nel novero degli elettori ottenendo la naturalità per leggi.

Nell’ammettere i cittadini all’esercizio dei diritti elettorali non si ha riguardo alle disposizioni speciali relative ai diritti civili o politici, di cui taluno possa essere colpito per causa del culto che professa.

2° Di essere giunto all’età di anni 25 compiti nel giorno dell’elezione.

3° Di saper leggere e scrivere.

Nelle provincie dove questa condizione non è stata finora richiesta nulla sarà innovato ai diritti degli analfabeti che alla promulgazione di questa legge si troveranno iscritti nelle liste elettorati.

4° Di pagare un annuo censo non minore di lire italiane quaranta.

Art. 2. II censo elettorale si compone d’ogni specie d’imposta diretta, e così tanto dell’imposta prediale, quanto della personale e mobiliare, delle prestazioni fisse e proporzionali che si pagano per le miniere e fucine, dei diritti di finanza imposti per l’esercizio d’uffici e professioni, e di ogni altra imposta diretta di simil genere. Dove per l’esercizio degli uffici e professioni siasi pagato al regio Governo un capitale, gli interessi del medesimo saranno computati come finanza.

Al regio tributo prediale si aggiunge il provinciale, non il comunale.

Act. 3. Sono ammessi all’elettorato, indipendentemente da ogni censo:

1° I membri effettivi, residenti e non residenti, delle accademie la cui elezione è approvata dal Re, e quelli delle Camere di agricoltura, di commercio ed arti, delle regie accademie di agricoltura e di medicina, e della direzione dell’associazione agraria, ed i direttori dei comizi agrari.

2° I professori tanto insegnanti che emeriti, ed i dottori di collegio delle diverso facoltà componenti le università degli studi.

3° I professori insegnanti ed emeriti nelle regie accademie di belle arti di Genova, Milano e Torino.

4° I professori insegnanti od emeriti degli istituti pubblici d’istruzione secondaria classica e tecnica, e delle scuole normali e magistrali.

5° I funzionari ed impiegati civili e militari in attività di servizio, o che godono di una pensione di riposo, nominati dal Governo di S. M. o addetti agli uffici del Parlamento.

6° I membri degli ordini equestri del regno.

7° Tutti coloro che hanno conseguito il supremo grado accademico di laurea od altro equivalente in alcuna delle facoltà componenti le università del regno.

8° I procuratori presso i tribunali e le Corti d’appello, i notai, ragionieri, liquidatori, geometri, farmacisti e veterinari approvati.

Gli agenti di cambio e sensali legalmente esercenti.

Art. 4. Gli esercenti commerci, arti ed industrie, godranno del diritto di essere elettori, con che il valore locativo dei locali da essi occupati nel comune, nelle cui liste vogliono essere iscritti, per la loro casa d’abitazione, e per gli opifizi, magazzini o botteghe del loro commercio, arte ed industria, ascenda:

1° Nei comuni aventi una popolazione inferiore a 2500 abitanti a lire 200.