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70 alcune poesie di ripano eupilino


XCII

EGLOGA PESCATORIA

Licone

     Dunque, ninfa crudel, dunque a’ miei versi
non vuoi porgere orecchio, e vuoi ch’io péra
con tanto pianto onde il mio volto aspersi?
     Ben di natura si maligna e fiera
5son pesci in mar fra i ceti e le balene,
che allor senton piacer quand’uom dispera.
     Ben cantali piú gioconde le sirene,
mentre s’avveggon che l’incauto pino
allettato dal canto a lor sen viene.
     10E va tanto correndo il bue marino
sopra ’l veloce notator, che ’l vede
provar nell’acque l’ultimo destino.
     Ma come tanta crudeltá risiede,
ninfa, in te che non sei di squame cinta,
15e non hai fesso in doppia coda il piede?
     Al inen t’avesse il tuo furor sospinta
a saziarti un di del sangue mio
e a lasciar questa vita un giorno estinta.
     Ma, lasso, il core hai si crudele e rio,
20che, piú spietata dei marini mostri,
conceder non mi vuoi quel che desio.
     Alfine andrò negl’infernali chiostri,
quando sii sazia dei tormenti miei,
e fia ch’a dito allora ognun ti mostri.
     25— Costei, — diranno i pescator, — costei
fece morire il misero Licone;
punitela dal cielo, o sommi dèi. —