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42 alcune poesie di ripano eupilino


LXVIII

     Ti sono schiavo, ti son servitore,
Cecco, che se’ ’l mio bene solo solo.
Deh lasciai ir quel ragazzo d’Amore,
ch’egli è una forca, ch’egli è un mariuolo.
    I’ te lo dico, ve’, proprio col core:
tu vai pel bucolin dell’acquaiuolo;
e, alle guagnele, ch’i’ho gran timore
che tu non tiri al fine anche l’aiuolo.
     Uh tristo me, se steso in sul cassone,
bell’e tirate, ahi poverini le cuoia,
avessi un di a veder il mio Ceccone;
     e scritto sopra per maggior mia noia:
«Qui giace un tale che mori poltrone,
come i gatti per fregola o per foia».

LXIX

     Ch’io possa diventare una ghiandaia
o vero un barbajanni o un alocco,
s’io sono un’altra volta si balocco
da star tanto menando il can per l’aia!
    La prima occasion che buona paia,
dimmi un furbo, ser Cecco, e uno scrocco,
s’io non carico l’arco e non iscocco
e non do dentro alla pietra focaia.
     Non v’ha a esser piú ragion nessuna;
ch’i’ non vo’ sentir altro brulichio
che mi frughi pel ventre in su e in giue.
     L’occasion è come la fortuna.
Se nolla chiappi in men che noi dich’io,
tu puoi ben correr, nolla grappi piue.