Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/350

344 le odi


pioggia con fresco mormorio le frondi;
e di novi al suo piè verdi giocondi
rider la biada folta;
tal io fui lieto; e nel pensier descrissi
200belle speranze a la mia Insubria, e dissi:
     — Vedrò vedrò da le mal nate fonti
che di zolfo e d’impura
fiamma e di nebbia oscura
scendon l’Italia ad infettar da i monti;
205vedrò la gioventude
i labbri torcer disdegnosi e sellivi;
c ai limpidi tornar di Grecia rivi,
onde Natura schiude
almo sapor che a sé contrario il folle
210secol non gusta, e pur con laudi estolle.
     Questo è il genio dell’arti. Il chiaro foco
onde tutt’arde e splende
irrequieto ei stende,
simile all’alto sol, di loco in loco.
215II Campidoglio e Roma
lui ancor biondo il crine ammirar vide
i supremi del bello esempi e guide,
che lunga etá non doma;
e il concetto fervore e i novi auspici
220largo versar di Pallade a gli amici.
     Né giá, ben che per rapida le penne
strada d’onor levasse,
da sé rimote o basse
le prime cure onde fu vago ei tenne:
225o se con detti armati
d’integra fede e cor di zelo accenso
osò l’ardua tentar fra nuvol denso
mente de i re scettrati;
o se nel popol poi con miti e pure
230man le date spiegò verghe e la scure.