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332 le odi


     E quei mutar non gode
il consueto a te ordin vetusto;
ma generoso e giusto
vuol che ne venga vindice e custode,
65al variar de’ lustri,
fresco valor de gli ottimati illustri.
     Ahi! quale a me di bocca
fugge parlar che te nel cor pereote,
a cui giá su le gote
70con le lagrime sparso il duol trabocca,
e par che solo un danno
cotanti beni tuoi volga in affanno!
     Lassa! davanti al tempio
che sul tuo colle tanti gradi sale,
75supplicavi che uguale
a un secol fosse, con novello esempio,
il quinquennio sperato
quando l’inclito Gritti a te fu dato.
     Ed ecco, a pena lieto
80sopra l’aureo sentier battea le penne,
a fulminarlo venne,
repentino cadendo, alto decreto,
che, quasi al vento foglie,
ogni speranza tua dissipa e toglie.
     85E qual dall’anelante
suo sen divelto innanzi tempo vede
lungi volgere il piede
nova tenera sposa il caro amante,
che tromba e gloria avita
90per la patria salute altronde invita;
     cosí l’eroe tu miri
da te partirsi; e di te stessa in bando,
vedova afflitta errando
e di querele empiendo e di sospiri
95i fòri ed i teatri
e le vie giá si belle, e i ponti, e gli atri,